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Una dedica di Derek Walcott tra i libri del Fondo Rossi

Tra i libri di Sergio Rossi (1920-2021), decano degli anglisti italiani e fondatore della scuola di anglistica in Università Cattolica, poi docente di Letteratura inglese a Torino e alla Statale di Milano, non poteva mancare una presenza di singolare importanza: quella del poeta caraibico di lingua inglese Derek Walcott (1930-2017), premio Nobel per la letteratura nel 1992. All’interno del Fondo Rossi, donato dagli eredi alla Biblioteca di Milano dell’Università Cattolica e attualmente in corso di catalogazione, troviamo infatti l’edizione inglese di The Prodigal pubblicata per i tipi di Faber and Faber nel 2005 (l’edizione americana per Farrar, Straus and Giroux risale invece all’anno precedente). Il volume riporta sul risguardo anteriore una preziosa dedica autografa di Walcott a Sergio Rossi e alla moglie Dianella Savoia, studiosa di letteratura inglese e curatrice insieme al marito dell’importante volume di studi Italy and the English Renaissance (Unicopli 1989): «to Sergio + Dianella / Derek Walcott».

In The Prodigal, dedicato in apertura all’amico, studioso e traduttore Luigi Sampietro, Walcott compie un viaggio di ritorno verso casa in cui trascorrono, come in una continua galleria di immagini, i paesaggi e i ritratti di una vita: un viaggio autunnale su un treno diretto in Pennsylvania, le città d’Europa e l’amata Italia con le sue Alpi innevate, vertiginose e abissali, viste attraverso il finestrino di un aereo («Chasms and fissures of the vertiginous Alps / through the plane window, meadows of snow / on powdery precipices», p. 9), le colline fuori Firenze con le chiome dei cipressi erette come fiamme e un castello color ocra («erect flame cypresses and an ochre castle», p. 17) e poi Genova, Venezia, Parma, Roma, Pescara e Amalfi. Non manca Milano, città in cui Walcott si recò in svariate occasioni per ricevere premi o tenere seminari e incontri culturali1, e che qui viene dipinta nella calma di una domenica mattina, tra le ombre proiettate dal Duomo e le campane squillanti nell’aria tersa: «Left-handed light at morning on the square, / the Duomo with long shadows where clamouring bells / shake exaltation from blue, virginal air» (p. 25).

In questo lungo viaggio in forma di poema attraverso paesaggi fisici e mentali, compare poi in un’improvvisa apparizione la figura dell’amico poeta Iosif Brodskij, ritratto in un impermeabile color oliva e paragonato a una foglia trascinata nella corrente: «there! was that him, / Joseph in an olive raincoat, like a leaf / on a clear stream with a crowd of leaves / from the edge to the centre and sinking into them?» (p. 26). Fu proprio Brodskij, in un famoso saggio posto poi a introduzione del volume di poesie di Walcott Mappa del nuovo mondo, a scrivere una delle più efficaci sintesi dell’originalità e versatilità della sua poesia:

Walcott non è un tradizionalista né un “modernista”. A lui non si adatta nessuno degli “ismi” disponibili e degli “isti” che ne conseguono. Non appartiene a nessuna “scuola”: non ce ne sono molte nei Caraibi, se si eccettuano quelle dei pesci. Si sarebbe tentati di chiamarlo un realista metafisico, ma il realismo è metafisico per definizione, così come vale l’inverso. E poi, è un’etichetta che saprebbe troppo di prosa. Walcott può essere naturalista, espressionista, surrealista, imagista, ermetico, confessionale – a scelta. Semplicemente, egli ha assorbito, al modo in cui le balene assorbono il plancton o un pennello assorbe la tavolozza, tutti gli idiomi stilistici che il Nord poteva offrire […]2.

Così la poesia del prodigo Walcott, dopo aver solcato mari, terre e continenti diversi e averne assorbito idiomi e culture, ritorna nel cuore dell’arcipelago dei Caraibi da cui proviene, come leggiamo nell’epilogo di The Prodigal. Qui assistiamo all’incontro – una vera e propria epifania – con un gruppo di delfini tra Martinica e Saint Vincent, quasi angeli o sciatori capaci di tuffarsi tra le ripide creste di quelle onde: «They shot out of the glacial swell like skiers / hurtling themselves out of that Alpine surf / with its own crests and plungings, spuming slopes / from which the dolphins seraphically soared» (p. 104). Al viaggiatore che fa finalmente ritorno a casa non resta che abbandonarsi alla visione di quella luce che brilla sulla sommità dell’onda come «sul bordo luminoso del mondo» e che sembra provenire dall’altra riva: «prodigal, / that line of light that shines from the other shore» (p. 105).

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  1. Si veda ad esempio M. Mandorlo, Il viaggio oceanico di Derek Walcott, Cattolica Library, 8, 28 febbraio 2018.
  2. I. Brodskij, Il suono della marea in Mappa del nuovo mondo, Adelphi 1992, p. 22.