«Partii con una sola domanda: mi invitate per il pranzo della domenica?»
DonPasta (nome d’arte di Daniele De Michele) è uno scrittore, un dj e un economista, gastronomo e “attivista del cibo” – così lo ha definito il New York Times – viaggiatore instancabile con fiere radici salentine, che ha fatto del cibo il centro propulsore del proprio lavoro di ricerca ed elaborazione.
Lo scorso ottobre, per il Saggiatore è stato pubblicato il suo ultimo libro: Il pranzo della domenica: viaggio sentimentale nella cucina delle nonne.
A spingere DonPasta in questa peregrinazione culinaria per le regioni d’Italia c’è, prima di tutto, l’esigenza di raccontare per non dimenticare. La cucina italiana, quella delle nonne e dei nonni, quella di “casa”, è un insieme di rigide regole non scritte, di gesti rituali diventati canone perché frutto di un processo ripetuto, a memoria e con amore, per lunghi interminabili anni. Non è solo una fredda e anonima lista degli ingredienti “a fare” un piatto, ma quell’insieme di minuziosi passaggi e piccoli segreti che si celano dietro la sua preparazione, segreti che le nonne d’Italia custodiscono gelosamente.
«Mi aveva lasciato in eredità il suo modo di intendere la cucina come atto radicale, senza negoziazioni sulla sanità di un piatto “la parmigiana si fa in agosto, con la passata di pomodoro fatta in casa, con i pomodori de quai, di qui. Punto! […] Qualche giorno prima che andasse via per sempre, scesi in Salento a salutarla. […] La strinsi con dolcezza, poi fece roteare il dito accompagnato dal suo sguardo sintetico e ironico […] Era un modo per chiedermi di continuare a raccontare di lei, della cucina familiare e quindi, per proprietà transitiva, della cucina italiana».
Alla ricerca dei gesti e dei profumi delle altre nonne d’Italia – così da poter mantenere vivo il ricordo della sua di nonna, di nome Chiarina – DonPasta è partito per il suo lungo viaggio in giro per le case delle famiglie italiane che hanno voluto accoglierlo a tavola per il consueto e rituale “pranzo della domenica”. Un viaggio durato dieci anni, divenuto un’indagine di metodo sul campo che per comodità narrativa è stato diviso in capitoli per regioni geografiche. Come puntualizzato dall’autore, stabilire confini quando si parla di ricette è abbastanza complesso, in quanto più che di cucina regionale si dovrebbe parlare di cucina “provinciale”, beninteso che l’aggettivo venga interpretato con la giusta accezione del termine. La scelta di un piatto è, anche, una scelta di cuore: come ognuno di noi ha un piatto preferito, così, per chi ama cimentarsi in cucina, esiste una ricetta del cuore che, per ragioni di identità e amore, può definire chi siamo.
Il risultato è un racconto di incontri previsti e imprevisti, di ricette, di storie e di memorie: «alle nonnine chiedevo di raccontarmi la loro storia più intima, quella che parte in cucina per diventare una propria chiave di lettura del mondo. Le osservavo nella vita sociale, nelle pratiche quotidiane, negli affetti e nel lavoro. Dietro ogni singolo gesto, di quelle donne e di quegli uomini, c’erano secoli di comportamenti che ruotavano attorno a ciò che l’essere umano fa più frequentemente: mangiare».
In Sardegna, a Orune in provincia di Nuoro, Annunziata prepara il pane carasau celebrandone la sua sacralità: «il pane si faceva nello stesso forno, al centro del paese. Ogni giorno toccava ad una famiglia diversa». In Trentino, quasi in cima al Pasubio – monte di trincee durante la Grande guerra – Luigina, con profondo orgoglio per il suo essere contadina lontana dall’agroindustria, cucina la polenta concia. A Venezia, nel sestiere di Cannaregio, Vanda racconta della storia del suo ristorante “Da Marisa” dove ha lavorato per anni con sua mamma e sua nonna, e dove, ancora oggi, si può mangiare «il baccalà mantecato come si deve, senza uova».
Quello di DonPasta è stato un lungo viaggio, durato dieci anni, ora divenuto un prezioso racconto di cibo, identità e amore, da leggere tutto d’un fiato.