Il 6 settembre di quest’anno Andrea Camilleri avrebbe compiuto cento anni. Per rendergli omaggio, Sellerio, la sua casa editrice d’elezione, ha pubblicato un interessante volume intitolato Vi scriverò ancora: lettere alla famiglia 1949-1960, per le cure di Salvatore Silvano Nigro e delle figlie Andreina, Elisabetta e Mariolina Camilleri: vi è raccolta la corrispondenza che lo scrittore inviò ai suoi genitori in Sicilia negli anni in cui si trovava a Roma, prima per frequentare le lezioni dell’Accademia d’arte drammatica, dove era iscritto – unico del suo anno – al Corso di Regia, e poi per cercare di ritagliarsi un posto nel panorama dello spettacolo romano.
Come viene spiegato nella nota introduttiva a cura delle figlie, questo gruppo di lettere fu rinvenuto inaspettatamente in una cantina, quando già era iniziata l’inventariazione delle carte dell’Autore siciliano. Insieme alla biblioteca ora conservata a Roma, il carteggio oggi costituisce un significativo nucleo del Fondo Andrea Camilleri, riconosciuto dal MiC di interesse nazionale e liberamente accessibile anche online.
Scaturisce da queste missive una figura per molti versi differente e certamente più intima rispetto a quella del Camilleri a cui siamo abituati. Il giovane Andrea era uno studente, come diremmo oggi, “fuorisede”, che si trovava lontano dai familiari e dall’amata terra siciliana, proiettato in una grande città. Qui si trovava a dover fare i conti con una realtà molto diversa: con i pochi soldi che la famiglia gli inviava regolarmente doveva mangiare, pagare l’affitto di una stanza, acquistare i libri e i materiali per i corsi dell’Accademia, seguire con assiduità le rappresentazioni teatrali per essere aggiornato su ciò che andava in scena, comprare il vestiario, pagare i mezzi pubblici per spostarsi a Roma e, naturalmente, acquistare i biglietti dei treni che, durante le festività natalizie ed estive, lo riportavano in Sicilia.
Benché avesse vinto una borsa di studio, rinnovata per il secondo anno, nell’autunno del 1950 un episodio misterioso (la vicenda sarà svelata e chiarita dallo stesso Camilleri solo molti anni dopo, nel 2002) mise bruscamente fine alla sua frequentazione dell’Accademia.
Le sue grandi capacità, però, erano già state saggiate e riconosciute dai suoi insegnanti, in particolare da Orazio Costa, che da subito lo volle con sé come aiuto regista.
Dopo le prime esperienze in campo teatrale, nella necessità di trovare diverse fonti di reddito, Camilleri cercò di trovare un ruolo nella televisione, e si garantì una serie di collaborazioni con riviste di poesia e, soprattutto, l’importante incarico di redigere per l’Enciclopedia Treccani alcune voci relative allo spettacolo.
In queste lettere, in cui il giovane Andrea descrive alla famiglia le proprie giornate in maniera quasi cronachistica, emerge già quella particolare attenzione al dettaglio che sarà tipica dello stile della scrittura del Camilleri maturo che ben conosciamo. In certi momenti già trapela l’ironia che contraddistinguerà le sue opere più celebri. Traspare, inoltre, qua e là qualche parola dialettale, o ricalcata sul siciliano.
Del 1957 è una lettera ai genitori nella quale riferisce di una missiva, pervenutagli da Paolo Grassi, con i complimenti per la sua rappresentazione teatrale. Sempre del 1957 sono i preparativi per il matrimonio con l’amatissima Rosetta dello Siesto, e l’anno successivo la nascita della prima figlia.
Non mancano certo i momenti di sconforto, nei quali però Camilleri ricorre all’ironia, e in certi casi anche all’oroscopo, come riporta in una lettera del 1951, in occasione del suo ventiseiesimo compleanno: “Dicono che noi, nati sotto il segno della Vergine, abbiamo la fortuna un poco ritardata, attorno ai 30 anni”. E nel caso di Camilleri, considerata la sua lunghissima e onorata carriera, è stato proprio così.