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Vincenzo Consolo tra Sicilia e Milano

«Consolo è stato il maggiore scrittore italiano della sua generazione»: così scrisse Cesare Segre nella sua introduzione al Meridiano che riunisce l’opera completa del siciliano Vincenzo Consolo (Sant’Agata di Militello, 18 febbraio 1933 – Milano, 21 gennaio 2012), tra i più raffinati e originali scrittori italiani per la sua particolare e multiforme scrittura intessuta di arcaismi, termini preziosi e colti, dialettali, neologismi.

Nell’autunno del 1952 Consolo, alla scoperta del “continente”, lasciò la Sicilia e raggiunse Milano dove frequentò per tre anni la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica, abitando per un anno al collegio universitario Augustinianum di via Necchi e poi in una pensione in piazza Sant’Ambrogio[1]:

Qui a Milano, all’Università Cattolica, ho fatto tre anni. Vi sono approdato non per convinzioni religiose ma casualmente, perché avevo desiderio di lasciare l’isola e conoscere il famoso continente. Il continente per noi siciliani era una sorta di mito […] All’Università Cattolica c’erano molti studenti meridionali delle zone più depresse, della Calabria, della Lucania, della Puglia. Molti siciliani. Molti erano «a posto gratuito» perché avevano il certificato di povertà che rilasciavano i parroci. Questi miei compagni di scuola divennero poi, con gli anni, classe dirigente italiana. Molti eminenti uomini politici, democristiani, c’erano i fratelli De Mita, Gerardo Bianco, i fratelli Prodi. Era l’Italia che riprendeva le sue fila. Io sono arrivato a Milano nel ’52 e quindi era ancora una Milano che si stava ricostruendo dopo la ferita della guerra[2].

Interrotti gli studi per alcuni disguidi burocratici e laureatosi poi a Messina con una tesi in filosofia del diritto, nel 1968 Consolo vinse un concorso alla RAI e ritornò quindi – dopo essersi consultato con gli amici Leonardo Sciascia e il poeta-barone Lucio Piccolo – a Milano, città nella quale poi visse e lavorò fino alla morte.

La Biblioteca della sede di Milano dell’Università Cattolica – che probabilmente anche il giovane Consolo ebbe modo di utilizzare in quegli anni di studio tra i chiostri del Bramante – custodisce nelle sue collezioni alcuni interessanti volumi di opere dello scrittore siciliano.

In primis la prima edizione di Nottetempo, casa per casa (Mondadori 1992, vincitore del Premio Strega in quell’anno), romanzo corale che narra le tormentate vicende della famiglia Marano tra Cefalù e Palermo nei primi anni Venti del Novecento in uno scenario fantastico-visionario, dove un padre licantropo corre per le colline di ulivi in preda a un male oscuro:

Muoveva brancolando, mugolando, come ferito, ferito da parte a parte dentro il cuore dalla lama che non sorgeva da causa, che non aveva nome.

L’esemplare, appartenente alla segnatura “II-14” che ospita i volumi rari e preziosi, presenta una dedica autografa di Consolo a Emilio Pozzi (1927-2010), giornalista milanese e storico del teatro.

Troviamo invece tra i libri del Fondo Loi una copia della prima edizione di Neró metallicó – racconto di una vacanza greca giocato sul filo dell’umorismo e dell’ironia – accompagnato da quattro illustrazioni a china di Pino Di Silvestro e con una dedica autografa di Consolo a Franco Loi sul risguardo (Milano, 24-6-1994).

Infine, tra le varie edizioni realizzate dal poliedrico artista e incisore Luciano Ragozzino (“Il ragazzo innocuo”) conservate nelle collezioni speciali della Biblioteca, troviamo la plaquette 4 liriche (Il ragazzo innocuo 2017). L’elegante edizione fuori collana, composta e stampata tipograficamente a mano con caratteri Bodoni su carta Hahnemühle in 77 esemplari numerati e firmati più 3 prove d’artista, contiene quattro poesie inedite di Vincenzo Consolo, pubblicate per volontà della moglie Caterina Pilenga in occasione dell’anniversario della morte dello scrittore.

Accompagna i testi un’affascinante incisione originale all’acquaforte/acquatinta di Luciano Ragozzino, che con i suoi chiaroscuri evoca con maestria l’antica necropoli rupestre di Pantalica e i suoi «santuari scavati nelle ripide pareti della roccia», come scrisse lo stesso Consolo in Le pietre di Pantalica. E che in questa edizione torna con la memoria – questa volta attraverso la scrittura in versi – a quel luogo così arcaico e misterioso:

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  1. La Cronologia del Meridiano di Consolo riporta alcuni interessanti dettagli riguardanti quegli anni di vita universitaria tra i chiostri della Cattolica e piazza Sant’Ambrogio: «Per un anno Vincenzo vive al collegio universitario Augustinianum di via Necchi, a pochi passi da Largo Gemelli, dove paga una retta di 20.000 lire al mese […] per una stanzetta con lettino, armadio e inginocchiatoio. Come compagno di stanza trova Enrico De Mita, che diventerà professore di Diritto finanziario, fratello del politico democristiano Ciriaco» ; «Poi, siccome non avevo dato tutte le materie, ho dovuto lasciare il pensionato universitario, e sono andato a vivere in una pensione in piazza Sant’Ambrogio. Di fronte […] c’era un centro, si chiamava COI, che era il Centro Orientamento Immigrati. Io vedevo arrivare in piazza Sant’Ambrogio dei tram senza numero, stracarichi, dalla Stazione Centrale, dove venivano scaricate queste masse di meridionali che emigravano […]. Mi ricordo quelli che sono andati in Belgio, nelle miniere di carbone di Marcinelle, erano già equipaggiati da Milano, con casco, lanterna e mantellina» (V. Consolo, L’opera completa, a cura e con un saggio introduttivo di G. Turchetta e uno scritto di C. Segre, Mondadori, 2015, pp. xcix-c.
  2. Intervista a Vincenzo Consolo consultabile sul sito ItaliaLibri.