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«Il disperso» di Maurizio Cucchi, un fortunato esordio letterario con “refuso”

Nel marzo 1976 usciva per Mondadori la prima raccolta di Maurizio Cucchi: «milanese, trentenne, dimostra con Il disperso, suo primo libro di versi, di muoversi nell’ambito di quell’espressionismo lombardo che ha avuto la sua lontana e grande matrice nella poesia di Carlo Porta; e che pian piano, senza mai pretendere di costruirsi in movimento o scuola, ha finito con l’occupare una posizione precisa e tutto sommato insostituibile anche nella poesia degli ultimi quindici o vent’anni, segnando o accomunando il lavoro, per altri aspetti autonomo e appartato, di alcuni autori caratterizzati da un certo tipo di figuratività, di acribia morale e di implicita tensione narrativa»[1].

Queste le parole con cui Giovanni Raboni “introduceva” il giovane Maurizio Cucchi all’interno de Lo Specchio, collana nata nel 1940 per volere di Alberto Mondadori con l’intenzione di irradiare «il canto della nostra lirica» in uno spazio editoriale ove «le voci nuove della giovane poesia» si affiancassero «ai grandi nomi già noti in tutto il mondo» così che si potesse continuare «la gloriosa tradizione italiana attraverso i secoli e i tempi»[2]. Il disperso di Maurizio Cucchi si presentava nel nuovo format editoriale firmato, a partire dal 1970, da Bruno Munari in cui a diventare protagonista della copertina, ciascuna caratterizzata da un diverso colore, era anzitutto il nome dell’autore, mentre il titolo del libro veniva collocato in posizione subordinata. L’esordio poetico del giovane milanese venne celebrato da Raboni come «uno dei più sicuri libri di poesia di questi anni, un vero romanzo milanese»[3] in cui affioravano un repertorio di disegni urbani e suburbani. Già a partire dalla prima opera sono evidenti i tratti peculiari della poetica cucchiana come la costruzione di storie per “accumulo” «compassato e frenetico di dettagli»[4], l’alternanza di voci diverse in un’assillante tensione dialogica, il tutto espresso attraverso una frattura ellittica del discorso e un utilizzo frequente dell’iperbato.

A distanza di diciotto anni, nel 1994, Il disperso venne ripubblicato dalla casa editrice Guanda all’interno della collana Fenice contemporanea, il testo veniva riproposto nella sua integrità con soli piccoli ritocchi, tra cui l’aggiunta di Fresia: componimento che l’autore redasse nel 1980 ispirandosi al nome di un calciatore interista. Il testo introduttivo, questa volta a cura di Valerio Magrelli, ricorda come al momento della sua prima uscita «la coerenza, la forza stilistica di questo libro si imposero come un punto di riferimento nel panorama letterario italiano»[5]. Nonostante quest’opera celebri l’esordio di Cucchi, egli a distanza di qualche anno dalla prima uscita, affermò: «Il disperso è un titolo che potrebbe comprendere tutte le mie poesie, anche quelle degli altri libri o future, chissà»[6]. A dimostrazione di come, anche a distanza di tempo, la forza del Disperso rimanga intatta nella sua capacità «di tradurre la fibrillazione psichica in parola poetica»[7].

La Biblioteca di Milano dell’Università Cattolica ha recentemente acquisito l’archivio di Maurizio Cucchi che, dopo le necessarie attività di lavorazione, verrà reso disponibile agli studiosi. In occasione del recupero del patrimonio documentario presso l’abitazione di Cucchi, il poeta ha scherzosamente raccontato un aneddoto legato alla prima edizione de Il disperso. Quando l’opera venne pubblicata nel marzo del ’76, il giovane poeta aspettava con trepidante attesa di ricevere una copia della sua opera prima, che rappresentava un grande traguardo: poter finalmente vedere il frutto del proprio lavoro all’interno di una collana editoriale diretta da Vittorio Sereni, con la curatela di Giovanni Raboni.

Se non fosse che quando il campanello suonò in casa Cucchi e Il disperso fu finalmente tra le sue mani, aprendolo a pagina settantuno, il poeta si rese immediatamente conto che «le persone» e «le cose» «a passeggio reale qua e là» invece di apparire «scagionate» – «perbacco» – risultavano «stagionate». L’edizione presentava un refuso: una lettera che invece di essere «c» era una «t», errore apparentemente piccolo e insignificante che però fece andare su tutte le furie Cucchi – «tanto da lanciare il libro per aria» – come da lui stesso raccontato. In ogni caso, dopo il primo disappunto, venne a prevalere la grande soddisfazione per l’uscita e il piacere di poter avere tra le mani quel volume.

Tra gli esemplari di pregio recentemente acquisiti compare anche quella prima edizione de Il disperso, in una veste ancora più preziosa, in quanto contiene la correzione autografa del refuso da parte dell’autore. Oltre questa prima edizione, la Biblioteca di Milano possiede anche una copia dell’edizione del 1994, quest’ultima – giunta attraverso la donazione del Fondo Franco Loi – con dedica autografa: «A Franco, con l’affetto di Maurizio. Settembre 1994». Sfogliando le pagine del libro fino alle parole conclusive del componimento In treno si può constatare come in questa edizione «le persone» e «le cose» finalmente appaiano giustamente «scagionate», senza più l’errore dell’edizione precedente. Un errore che però, per i curiosi casi prodotti dalla sorte, rende quella prima edizione dal punto di vista del bibliografo e del bibliofilo ancora più rara e preziosa.

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  1. G. Raboni, quarta di copertina Il disperso, Mondadori, 1976.
  2. Così nella pagina In viaggio dentro la multiforme poesia de Lo Specchio di Oscarmondadori.it.
  3. G. Raboni, quarta di copertina Il disperso, cit.
  4. Ibidem.
  5. V. Magrelli, risvolto di copertina di Il disperso, Guanda, 1994.
  6. Ibidem.
  7. Ibidem.