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Intervista ad Andrea Kerbaker autore di «Stradario sentimentale di Milano. Storie della città che cambia»

28 Novembre 2024
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La città che sale: si intitola così un noto quadro di Umberto Boccioni in cui il pittore futurista, già agli albori del primo Novecento, celebrava Milano nel suo cambiamento inarrestabile in un movimento costante e repentino. Una città che ha saputo svilupparsi “guardando sempre più in alto”, anche dopo le brutture dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale, e poi con i primi grattacieli come la Torre Velasca e il Pirellone costruiti già negli anni Cinquanta e Sessanta, fino alle più recenti Torre Unicredit, Torre Allianz, Torre Generali e Torre PwC. La città evolve anche attraverso la costruzione di nuove linee della metropolitana che diramandosi e prolungandosi collegano punti, un tempo lontani, ora parte di un’unica grande unità.

Se oggi chi giunge in città è principalmente distratto dai fasti della moda, del design e del profitto, per i più nostalgici, ma anche per i più attenti, c’è anche un’altra Milano da scoprire, più discreta, nascosta tra le vie e le piazze, ognuna con la sua anima, i suoi ricordi e i suoi cambiamenti da raccontare.

Con il volume Stradario sentimentale di Milano. Storie della città che cambia recentemente pubblicato per Rizzoli, Andrea Kerbaker, organizzatore culturale, collezionista e fondatore a Milano della Kasa dei libri, ha raccolto e narrato quelle storie, che si intrecciano tra i quartieri di un tessuto urbano in rapida trasformazione.

La Biblioteca di Milano dell’Università Cattolica è stata lieta di intervistare l’autore.

Come è nata l’idea di Stradario sentimentale di Milano?

Durante la pandemia avevo scritto un libro, Milano in 10 passeggiate, che presso il pubblico aveva trovato una accoglienza positiva. Per la struttura di quel testo – passeggiate rigorosamente a piedi, monotematiche, e mai troppo lunghe, per non coinvolgere soltanto lettori maratoneti – molte strade milanesi erano rimaste escluse. In particolare non avevo potuto parlare di vie o piazze periferiche, che però a mio avviso avevano più di un motivo per essere raccontate. A distanza di qualche anno, ho pensato di risarcirle preparando questo Stradario, che però, ci tengo a sottolinearlo, non è una seconda puntata, ma un libro a sé stante, perfettamente autonomo.

A suo parere è facile raccontare una città come Milano che cambia così velocemente?

No, per nulla. Nel brevissimo tempo intercorso tra la conclusione della revisione delle ultime bozze dello Stradario e la sua pubblicazione – un periodo di un paio di mesi al massimo – in almeno tre vie erano già intervenuti cambiamenti significativi, che avrebbero richiesto un aggiornamento. D’altronde il fenomeno è tipico di tutte le città in rapida evoluzione; e a Milano il cambiamento a volte pare quasi quotidiano. Si può ovviare in due modi: cercando di dare alle stampe libri che non parlino solo dal presente, ma anche del futuro prossimo; in seconda battuta contare sulla benevolenza dei lettori, che capiscono e perdonano. Ma questo vale per tutti i libri.

Tra tutte le vie di Milano perché ha scelto di raccontare proprio queste?

Ho cercato di raccontare quelle che avessero una storia particolare, magari non troppo nota alla maggioranza del grande pubblico, e che rivestissero un ruolo significativo per la città e in molti casi anche per me. Per preferenza ho coperto indirizzi che non fossero troppo centrali, nella prima cerchia che tutti in qualche modo conoscono e frequentano. Inoltre, poiché la mia estrazione è prevalentemente letteraria, sono state privilegiate le strade che hanno una forte presenza umanistica.

Ci potrebbe dire, se esiste, una sua via del cuore a Milano?

Non proprio. È come con i figli: li si ama tutti di un amore diverso, ma uguale, che non consente di fare scelte.

Dopo questi due libri (Stradario sentimentale e Milano in 10 passeggiate) c’è ancora qualche altro viaggio all’interno di Milano che, dal suo punto di vista, potrebbe essere raccontato?

I viaggi possibili sono certamente infiniti. Tuttavia, per quanto mi riguarda, i due titoli esauriscono il tema. Sono sempre stato così: dopo una puntata su un argomento, sento il bisogno irrefrenabile di scrivere su qualcosa d’altro. Un vezzo che fa impazzire i librai, che non sanno mai bene dove collocare i miei libri. All’inizio ci rimanevo male, ora mi sono abituato. Spero anche loro!