Il colore che definì un genere letterario: storia editoriale del giallo Mondadori
Tra le storie più aneddotiche e curiose dell’editoria italiana del Novecento ce ne è una che da sempre affascina e sorprende più delle altre, forse perché racconta di come il successo e la popolarità di un prodotto possano cambiare per sempre il modo stesso di definirlo all’interno di una lingua. È quello che è accaduto in Italia con la nascita del romanzo giallo.
Quando nel 1929 il pittore Alberto Bianchi dovette pensare alla copertina per la nascente collana mondadoriana dedicata al romanzo poliziesco e investigativo, la scelta ricadde su un esagono rosso adagiato su uno sfondo giallo appariscente. Si optò per il giallo probabilmente per darle una connotazione evidente che la contraddistinguesse dalle altre serie mondadoriane già esistenti: l’azzurro per gli autori italiani e i libri verdi per le storie romanzate. Qualche anno dopo, nel 1936, Alberto Tedeschi – direttore storico della collana dal 1932 al 1979[1] – fornì sulle pagine del periodico “Il cerchio verde” qualche informazione in più sull’origine di questo colore «piuttosto epatico» che andava ricercata «nella trovata pubblicitaria di un editore americano che già molti anni orsono lanciò una collana di romanzi polizieschi a sfondo misterioso avvolti da una copertina in brossura d’un giallo abbagliante, sfacciatissimo, oserei dire allucinante»[2].
Il primo numero de “I Libri Gialli” – The Benson Murder Case di S.S. Van Dine, pubblicato con la traduzione di Enrico Piceni sotto lo pseudonimo di P. Mantovani con il titolo italiano La strana morte del Signor Benson – fece la sua prima comparsa nel giugno[3] del 1929. La strategia editoriale della Mondadori, che in quegli anni si stava sempre più imponendo come nuova protagonista dell’editoria italiana scalzando le “vecchie” Treves e Sonzogno, si basava proprio sull’idea di raggiungere un pubblico più ampio possibile, facendo diventare il giallo un sottogenere di largo consumo. Si scelse pertanto di optare su tirature medie, stampate in volumetto in sedicesimo grande con il giallo come colore caratterizzante della copertina, commercializzate in edicola al prezzo di 5 lire. Le vendite del primo giallo superarono le aspettative dell’editore, tanto da far ristampare quattro edizioni successive in breve tempo, per un totale di 33.344 copie.
La periodicità, che inizialmente fu di quattro titoli per il 1929 e quattro titoli per il 1930, divenne quindicinale a partire dal settembre 1931. In questo proliferare delle pubblicazioni, ci fu anche un cambiamento stilistico che ha fatto la storia dell’editoria italiana, tanto da essere utilizzato ancora oggi per le copertine de “Il Giallo Mondadori”. A partire dal quinto numero della collana, l’olandese Salomon van Abbé, rifacendosi all’opera di Edgar Wallace The Crimson Circle, trasformò l’esagono dell’immagine di copertina in un cerchio rosso.

Sulla scia del successo de “I Libri Gialli” e probabilmente per rispondere ad una domanda sempre più alta degli accaniti lettori del genere, nacque nel 1932 “Il Supergiallo”: un volume in formato grande, in una veste simile a quella di una rivista, con il testo impaginato su due colonne, che prevedeva la pubblicazione di una raccolta di romanzi, i cui titoli venivano indicati in copertina senza alcuna immagine. Tra i “Supergialli” pubblicati nel 1932 ci fu un numero interamente dedicato a Edgar Wallace[4] con «cinque grandi romanzi inediti». I “Supergialli” erano considerati come un supplemento con vita propria e una nota interna al testo – «i cinque romanzi contenuti in questo volume non verranno inclusi nei “I Libri Gialli”» – “avvisava” i lettori di non perdersi l’uscita di quei titoli di Wallace.
“I Libri Gialli” si trasformarono in un vero e proprio fenomeno di notevole rilevanza, un punto di riferimento insostituibile per un pubblico di lettori che vedeva in questo genere una forma di evasione, una via di fuga verso atmosfere cupe e cruente, attratti dal brivido, dal mistero e dall’avventura. Alla collana principale e al supplemento de “Il Supergiallo” si affiancò a partire dal 1933 una seconda collezione Mondadori dedicata alla letteratura poliziesca: “I Gialli Economici”. In una veste editoriale ancora più economica, anch’essi a cadenza quindicinale che si alternava quindi all’uscita de “I Libri Gialli”, si arrivava in questo modo a coprire uniformemente, settimana dopo settimana, tutto l’arco del mese.
Tra gli slogan pubblicitari frasi come «possono andare nelle mani di tutti» promuovevano i gialli come un prodotto popolare, dietro la cui veste economica delle collane si celava in realtà una cura minuziosa dei dettagli. I romanzi gialli venivano selezionati tra i migliori scrittori in voga del genere poliziesco – a quel tempo principalmente stranieri e quindi perlopiù inediti per i lettori italiani – pubblicati con un’attenzione specifica per la traduzione e la resa linguistica in un ottimo italiano. Il pregiudizio di fondo che categorizzava il romanzo investigativo come un genere “basso”, non adatto ad un pubblico colto, andava estirpato creando un prodotto culturalmente valido. Di fatto l’ondata di successo del genere giallo che negli anni Trenta dilagò in Italia, travolse un po’ tutti, anche solo per la curiosità di scoprire il perché di un simile fenomeno.
In anni di controllo e repressione, come erano quelli del regime fascista, c’era chi non vedeva di buon occhio questa travolgente diffusione di letteratura straniera. Si cominciarono quindi a imporre regole repressive sul romanzo giallo: le parole straniere presenti nei testi dovevano essere italianizzate, le case editrice erano obbligate a pubblicare almeno uno scrittore italiano ogni quattro titoli stranieri. Fu dunque per un’imposizione culturale dettata da una politica nazionalistica che nacque il giallo italiano. Difatti non esistevano romanzi italiani appartenenti al genere investigativo, andavano quindi “creati in laboratorio” come frutto di un esperimento artificioso basato su ingredienti specifici dettati dall’alto: «l’assassino non doveva essere italiano, poteva suicidarsi (cosa vietata invece al detective), il caso andava risolto soltanto con un’indagine ufficiale e concludersi inevitabilmente con l’arresto del colpevole»[5].

La ricorrente ambientazione provinciale, l’esclusione di elementi cruenti e sanguinari dall’intreccio, una caratterizzazione debole del detective e una forte reticenza nel trattare la messa in scena della morte furono tra gli elementi che contribuirono a sancire l’effimero successo dei giallisti italiani.
La prima stagione mondadoriana de “I Libri Gialli” si concluse nell’ottobre 1941 con la pubblicazione del romanzo di Ezio D’Errico La casa inabitabile. A distanza di anni, in un articolo comparso su Repubblica il 2 aprile 1979, fu lo stesso Alberto Tedeschi a spiegare le motivazioni alla base di questa brusca interruzione: «Già nel 1940 si cominciava a dare l’ostracismo ai romanzi americani, inglesi, francesi, ai romanzi insomma che non provenivano dai paesi dell’Asse Roma-Berlino. Quindi esisteva nei confronti dei gialli una pregiudiziale piuttosto forte. Ma a far cadere la collana fu un decreto di Mussolini che intervenne personalmente per un fatto specifico. A Milano alcuni studenti di buona famiglia, a scopo di rapina, penetrarono in una villa, tramortirono la cameriera e riuscirono a razziare qualcosa. Agirono da dilettanti e furono subito scoperti, ma la cosa fece scalpore, perché effettivamente, a quei tempi, le rapine erano una rarità. Quando poi si andò a cercare la causa di un fatto del genere si volle attribuire una parte di responsabilità anche all’esempio deleterio dei romanzi polizieschi ai quali questi ragazzi si sarebbero ispirati per attuare il loro piano»[6].
Per assistere al ritorno (legittimato) del romanzo giallo bisogna attendere il crollo del regime fascista e la fine della guerra: nell’aprile 1946 la collana mondadoriana riaprì i battenti con la denominazione “I Libri Gialli – Nuova serie”. La scelta del nome richiamava esplicitamente la stagione precedente, ma segnava anche l’avvento di tempi nuovi, rimarcando una rottura con il passato. Oggi è ancora possibile trovare i libri gialli nelle edicole e tra gli scaffali delle librerie, il nome della collana è però cambiato divenendo “Il Giallo Mondadori”: un unicum dell’editoria italiana. Questa è la storia di un marchio editoriale emblematico, di un’icona rappresentativa di un intero genere che «travalicando con la sua stessa definizione i confini puramente letterari»[7] è andato anche oltre, arrivando a circoscrivere le opere cinematografiche, il teatro e i fatti di cronaca.
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BIBLIOGRAFIA DI APPROFONDIMENTO:
- G.C. Ferretti, Storie di uomini e libri. L’editoria letteraria italiana attraverso le sue collane, Edizioni minimum fax, 2014.
- L. Crovi, Storia del giallo italiano, Marsilio, 2020.
- E. D’Alessio (a cura di), L’esordio dei Gialli Mondadori. Da fortunata scelta editoriale all’esplosione di un genere letterario, Oblique Studio, 2012.
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NOTE:
- Eccezion fatta per gli anni Trenta in cui la collana cessò la pubblicazione a causa della censura fascista e delle vicende belliche.
- L. Crovi, Storia del giallo italiano, Marsilio, 2020.
- Cfr. Il Giallo Mondadori, da oltre 90 anni il Giallo per eccellenza, in Mondadori.it.
- Edgar Wallace fornisce cinquantatré titoli su duecento sessantasei della serie “I Libri Gialli” fino al 1941.
- E. D’Alessio (a cura di), L’esordio dei Gialli Mondadori. Da fortunata scelta editoriale all’esplosione di un genere letterario, Oblique Studio, 2012, p. 23.
- A. Tedeschi, Ma il vero colpevole sono io, in “la Repubblica”, 2 aprile 1979.
- Il Giallo Mondadori, da oltre 90 anni il Giallo per eccellenza, in Mondadori.it.

