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Le «Rime» di San Miniato: in Biblioteca la prima rara edizione dei versi carducciani

Il poeta Giosuè Carducci, appena laureatosi in Filologia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, seguì la vocazione pedagogica accettando l’insegnamento di Retorica (28 novembre 1856-settembre 1857) al Liceo di San Miniato dove, insieme a lui, approdarono anche i compagni della Normale Ferdinando Cristiani e Pietro Luperini. È lo stesso Carducci a raccontare in Le risorse di San Miniato al Tedesco e la prima edizione delle mie rime – celebre prosa autobiografica dai tratti romanzeschi – la vivacità di quegli anni rocamboleschi trascorsi insieme ad un’«allegra brigata»:

Innanzi tutto ci accontammo presto con una brigata di giovanotti (come troppe di simili ce n’era e ce n’è forse ancora per le città minori e le grosse terre di Toscana), piccoli possidenti e dottori novelli che, vivendo del loro poco e nella speranza dello studio e dell’impiego futuro, passavano tutte le sante giornate a non far nulla, o meglio a far di quelle cose che forse sono le più degne e più proprie dell’homo sapiens […]. Noi tre abitavamo, súbito fuori Porta Fiorentina, tutta noi, una casetta nuova, che un oste tassoniano, ma non bolognese, detto, credo per eufemía, Afrodisio, ci aveva appigionato; e ci passava anche da mangiare a bonissimi patti[1].

Carducci, soprannominato “Pinini” «causa un raddoppiamento spostato nella coniugazione del verbo πινɛιν», Cristiani detto “Trombino” «per avere in una ripetizione di letteratura latina trasformato allegramente così il severo Frontino compendiatore delle Historiae philippicae» e il «filosofo giobertiano» Luperini ribattezzarono con il nome di Torre Bianca la loro residenza, comunemente conosciuta come la casa de’ maestri. Quel periodo di scanzonata allegria, avvolto da una «fantastica aureola di luce, elettrica emanazione degli spiriti di tutte le nostre giovinezze» trasformò le “poche risorse” di San Miniato in abbondanza a tal punto che le spese crebbero rapidamente e su proposta del Trombino il giovane Carducci – vinte le sue resistenze all’idea di pubblicare le sue poesie «in un libretto a prezzo come in un bordello» – si convinse invece a stampare le rime a sue spese nella speranza di ripagare così i suoi debiti:

Così avvenne che ai 23 luglio del 1857 le mie rime uscissero alla luce del pubblico in San Miniato al tedesco pe’ i tipi del Ristori, veterani gloriosi dell’impressione […]. E ora resta in sodo che io le diedi a stampare non co ‘l superbo intendimento di aprire una via nuova o di riaprire una via vecchia e né meno con la modesta speranza d’incoraggiamenti da parte del pubblico italiano, ma coll’intendimento onesto e l’ardita speranza di pagare i miei debiti. Altro che ardita! sfacciata dovevo dire[2].

Da tali vicende – pur narrate con una certa vena caricaturale e iperbolica[3] – ha appunto origine l’edizione originale delle Rime, prima raccolta poetica di Carducci che inaugurò la sua lunga carriera letteraria proseguita fino al premio Nobel del 1906.

Si tratta, come riporta il Parenti nel suo Rarità bibliografiche dell’Ottocento[4] di un opuscolo (pp. 8 n.n. + 93 + 3 n.n.) con copertina verde dove sulla facciata anteriore, in fregio tipografico, leggiamo: «Rime / di / Giosuè Carducci / San Miniato / Tipografia Ristori / 1857»; in quella posteriore invece, nella stessa cornice: «Prezzo / Tre Paoli e mezzo / Vendesi in Firenze presso gli ere- / di Piatti, e presso Felice Paggi. / In Pisa nella Libreria Giannelli». L’edizione, in 16° piccolo e con dorso muto, riporta sul colophon la giustificazione di tiratura: «Pubblicati / il giorno XXIII di luglio / MDCCCLVII / in carta comune esemplari D / in carta distinta esemplari XX / a spese dell’autore / di cui è la proprietà letteraria».

Di questa «edizione originale, rarissima», come nota ancora il Parenti, la Biblioteca di Milano dell’Università Cattolica custodisce nelle sue collezioni uno dei preziosi cinquecento esemplari appartenenti alla tiratura su carta comune. L’opuscolo, purtroppo privo della copertina originale in brossura verde, presenta una copertina in brossura rossa derivante da una successiva rilegatura e si apre con una citazione da Properzio alla quale seguono una dedica ai maestri Leopardi e Giordani, 25 sonetti e 13 canti di Carducci, una Conchiusione e licenza tratta dalla prima satira di Persio e infine l’indice e il colophon.

Sebbene – come racconta Carducci – l’operazione commerciale si rivelò un insuccesso, la pubblicazione delle Rime del ventiduenne poeta segnò la prima, fondamentale tappa di tutta la sua carriera letteraria, ben presto destinata a raggiungere le più alte vette.

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  1. G. Carducci, Le risorse di San Miniato al Tedesco e la prima edizione delle mie rime, in Confessioni e battaglie, a cura di M. Saccenti, Mucchi, 2001, pp. 41-42.
  2. Ivi, p. 50.
  3. «Quello di pagare i debiti con la vendita del libretto, in realtà, fu solo un pretesto per dissimulare, e giustificare con una ‘forte’ necessità, l’ambizione della pubblicazione al fine di ottenere una prima notorietà e ricevere finalmente un primo giudizio libero, esterno alla sua brigata «pedante», sulla sua prima raccolta lirica. Ovviamente Carducci fu costretto comunque a fare i suoi conti, non tanto per estinguere i debiti pregressi, quanto per impedire almeno che aumentassero. A quanto pare, non vi riuscì: «I debiti, anzi che estinguere, dilagarono» (F. Castellani, Sulla migrazione delle Rime di San Miniato, “Per leggere”, 13 (2007), p. 227.
  4. M. Parenti, Rarità bibliografiche dell’Ottocento, Sansoni Antiquariato, 1953-1964, vol. 2, pp. 58-60.