
È possibile – anche a distanza di vent’anni – tornare «cento volte a ritroso» di una «breve storia così immensa» sembra dirci Daniele Piccini pubblicando una nuova edizione del suo Canzoniere scritto solo per amore, questa volta per i tipi di Interno Poesia, giovane casa editrice che da alcuni anni si dedica in particolare alla poesia contemporanea italiana e straniera.
Si tratta, come evidenziato da Giancarlo Pontiggia nella prefazione che apre la nuova edizione del volume, del «libro-itinerario di un figlio che cercando il padre perduto trova non solo se stesso ma anche il senso stesso del vivere, Canzoniere scritto solo per amore resta un libro decisivo di tutto il percorso poetico dell’autore».
La prima edizione del 2005 uscì per Jaca Book nella collana “I poeti” allora curata da Roberto Mussapi, che nella quarta di copertina lo definiva «un libro di metamorfosi e visione». Il viaggio per frammenti del canzoniere di Piccini si apre con un’immagine marina, quella di una nave che sembra prendere il largo verso un «luogo del cosmo» situato in un oltre: «Ti porto via / dalla plancia di comando / di questo cimitero / che prende il mare». La presenza cara e amata del padre si confonde e si unisce agli innumerevoli elementi del creato, in un processo di continue trasformazioni: «in poche ore il grano si è fatto colmo, / ancora meno e sei diventato / il soffio che lo investe», si muta in voce da aggiungere «alle molte / perse nel mondo, confuse tra le acque / gorgogliate, inudibili», ripete i movimenti della natura muovendosi «come ondeggiano / i girasoli lasciati parlare / dai venti» o viene a visitare il mondo dei vivi come un «cavaliere di misteriosa fortuna» che segretamente partecipa al «soffiare dell’aria». Ci si muove in un paesaggio appenninico, tra «coste aspre e senza nome» e in una primavera ventosa che per alcuni aspetti può forse ricordare il Luzi di Primizie del deserto e di Onore del vero: «non ricordo / come sia arrivato / a questa breve isola, / nel buio il selciato rinfresca, il vento / porta le sementi effimere / di domani».
In questo viaggio radicale alla ricerca del padre, che si snoda per frammenti ognuno essenziale per il cammino del poeta-homo viator («passeggeri, viatori / immersi nella luce che trascorre»), tornano a prendere vita sulla pagina movenze e minimi dettagli della figura paterna, come rileva Niccolò Brunelli nella postfazione al volume: «l’ossatura del Canzoniere si impernia sulla rievocazione dei piccoli gesti quotidiani compiuti dal padre». Così, come «misteriosi segnali» che sembrano provenire da un altro mondo, la fotografia del padre che accosta con tenerezza la testa al muso del cavallo torna a brillare dall’oblio del tempo («parli all’orecchio del cavallo, / sussurri, soffi / nella cassa armonica / e lei diventa una conchiglia / che espande le lingue sottomarine»), il paterno «segno profumato / di colonia sfugge agli inverni brevi» oppure l’azione mattutina di accendere la radio diventa emblema di un mondo ancestrale fatto di silenzi e profonda sapienza:
le tue dita alle otto azionavano
la radio: non parlavamo: importava?
Tutto quanto il da dirsi
era nel breve gesto,
quel conoscersi parte
di una razza infelice eppure in corsa
come le anguille nella migrazione
Prova della centralità del tema del padre non solo nel Canzoniere ma in tutta l’opera poetica di Piccini è l’aggiunta finale di sei inediti che, come spiega l’autore nella nota a questa nuova edizione, insieme ad altre varie poesie scritte prima e dopo il libro del 2005 «obbediscono alla stessa sollecitazione e insomma idealmente dovrebbero far corpo con il Canzoniere». Ricerca dunque – questa sulla paternità – che non può che travalicare i confini del singolo libro proprio perché viene a toccare le radici più profonde e intime della propria esistenza, aspirando quasi a farsi “libro totale”: «Così dovremo forse avvicinarci, / porgerci mano al viso, / ripercorrere il filo / di una somiglianza, / toccare i solchi discesi dagli avi / fino a una radice più remota».