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La storia del ciclismo nei libri del Fondo De Martino

Il 2024 è senz’altro stato l’anno di Tadej Pogačar. Il ciclista sloveno ha inanellato in questa stagione una serie di vittorie da record, rendendola degna di essere consegnata a buon diritto agli annali della disciplina: in primavera vince le Strade Bianche dopo una fuga solitaria di 80 km, la Liegi, e, a maggio, è il padrone del Giro d’Italia, con sei vittorie di tappa. A questi successi aggiunge a luglio la vittoria al Tour de France, diventando uno dei pochi ciclisti ad aver conquistato la doppietta Giro-Tour. In autunno si aggiudica il mondiale nel percorso di Zurigo e poi, in rapida successione, il Giro dell’Emilia e il Giro di Lombardia. Un palmarès di assoluto rispetto, che ha fatto accrescere il numero di appassionati, sia tra i praticanti cicloamatori, sia tra i semplici tifosi che mai come in questa stagione hanno riempito le strade al passaggio dei loro beniamini. Del resto in questi anni gli amatori delle due ruote hanno potuto ammirare accanto alle imprese di Pogačar anche quelle di altri grandi campioni, come Jonas Vingegaard, Remco Evenepoel, Mathieu van der Poel e Wout Van Aert, che nelle ultime stagioni hanno di fatto dominato il panorama ciclistico, dando vita a sfide che i cronisti non hanno esitato a definire epiche. Belgio, Olanda, Slovenia, Danimarca: questi i paesi di origine dei grandi campioni di oggi. Meno spazio sembra invece avere oggi il nostro Paese, anche se ciclisti del calibro di Filippo Ganna e Jonathan Milan hanno saputo ben difendersi, soprattutto nelle gare di velocità o su pista.

Meno spazio, s’intende, se rapportato al passato, quando cioè i corridori italiani erano tra i più temuti e favoriti sia nelle Grandi Classiche che nei Grandi Giri: basti fare i nomi di Binda, Bottecchia, Girardengo, Coppi, Bartali, Gimondi, fino a Moser e Saronni e in anni più recenti quelli di Bugno e Pantani. Nomi che riguardano la storia sportiva, certamente, ma che si intrecciano indissolubilmente alla storia del nostro Paese, e di questo raccontano i caratteri e ne incarnano difficoltà e desiderio di riscatto. Ciò è tanto più vero per il ciclismo del passato, quando la tecnologia (in termini di allenamenti, di alimentazione e di materiali) non aveva ancora decisamente influito sulle prestazioni come invece accade al giorno d’oggi. In quegli anni il racconto delle gesta ciclistiche era demandato alle cronache scritte di giornalisti al seguito delle corse, e solo più tardi sarebbe stato possibile documentare in diretta il loro svolgersi attraverso la radio e la televisione.

Tra i giornalisti che ebbero modo di raccontare l’epopea del ciclismo ci fu Emilio De Martino (1895-1958), del quale la Biblioteca della sede di Milano conserva il fondo librario e l’archivio professionale. Tra i volumi posseduti figurano diverse monografie dedicate alla storia della bicicletta e del ciclismo, da Il ciclismo. Guida per gli allenamenti e le corse di Valdo Cottarelli ed Eberardo Pavesi (1931), alla Storia del velocipede e dello sport ciclistico di Angelo Gardellin (1946). Non mancano anche testi dedicati ai ciclisti più significativi del tempo, tra i quali Ottavio Bottecchia di Guido Giardini (1947) e Le mie vittorie e le mie sconfitte di Alfredo Binda (1931). Quest’ultimo è un esemplare davvero particolare perché riporta una dedica autografa del campione «Al Cav. Emilio Demartino [sic] | sportivo ed amico sincero | Alfredo Binda | Settembre 1931».

Uno dei volumi senz’altro più ricchi di interesse è il racconto per immagini del Tour 1949 vinto da Fausto Coppi con il secondo posto di Gino Bartali e, è bene ricordarlo, il sesto posto di Fiorenzo Magni. Il volume è 200 momenti fotografici del “Tour” 1949 e si tratta di un libro assai godibile ancora oggi, ricco com’è di immagini a tutta pagina ognuna fornita da una didascalia appositamente scritta da Emilio De Martino. Il lettore può scorrere la cronaca del Tour de France attraverso le immagini, considerando così le grandi differenze tra il ciclismo di oggi e quello di allora.

De Martino, oltre che giornalista, fu anche prolifico autore di romanzi, tra i più attivi e significativi del filone della letteratura sportiva italiana. Tra i suoi titoli ricordiamo Il cuore in pugno, sul pugilato, del 1930; La danza delle lancette, il cui protagonista è un pilota d’auto, del 1932; La squadra di stoppa, fortunato romanzo per ragazzi sul gioco del calcio, che pubblicato nei primi anni Quaranta ebbe diverse edizioni fino agli anni Sessanta.