Il libro delle pipe di Buzzati e Ramazzotti: tra gioco mentale e arguto divertissement
Correva l’anno 1934 quando Dino Buzzati insieme al cognato Giuseppe Ramazzotti, soprannominato «Eppe», cominciarono a ritrovarsi nell’abitazione milanese di Piazza Castello e tra un bicchiere e l’altro di grappa della valle del Piave, fumando tabacco italiano Trinciato forte, i due erano soliti trascorrere le serate raccontandosi e inventandosi storie sulle pipe.
A quel tempo Buzzati era un giovane ragazzo di 28 anni che firmava già elzeviri per il “Corriere della Sera”; Ramazzotti, invece, aveva 35 anni ed era il nipote del fondatore della ditta di liquori Ramazzotti. Laureatosi in ingegneria chimica al Politecnico di Milano, aveva sposato Nina, la sorella di Buzzati. Eppe era un uomo dai molteplici interessi: fra tutti, da appassionato fumatore di pipe, ne era diventato un maniacale collezionista. Sulla scia di questa “passione” per il fumo condivisa con il cognato, in una delle sere trascorse insieme, Eppe e Dino scelsero di mettere per iscritto quelle storie che si raccontavano. Nacque così l’opera illustrata Storia delle pipe.
Come sottolineato con ironia da Buzzati nell’articolo dell’8 marzo 1934 Età critica della pipa pubblicato sulle pagine del “Corriere”, a quel tempo i «nobili ordigni», ovvero le pipe, stavano attraversando un periodo di forte decadenza a cospetto dell’avvento della «villanella rifatta»: la sigaretta. Secondo Buzzati la pipa soffriva «specialmente nelle città, di una dolorosa rilassatezza», come se non fosse più adatta alla vita moderna, quando invece in pochi sapevano che la pipa «accresce in misura rilevante la personalità umana», donando a chi la fuma, di qualunque professione o estrazione sociale, stile, eleganza e raffinatezza[1].
Quindi nelle intenzioni iniziali dei due autori quest’opera andava a intendersi come una grande celebrazione della pipa, attraverso il racconto di aneddoti e particolarità che potessero riportarla in auge. Il motivo per cui scelsero appositamente di utilizzare un linguaggio in perfetto stile ottocentesco, supportati nell’elaborazione del testo dal vocabolario Rugantini del 1883, sta forse nel modello di riferimento dal quale inizialmente partirono: La pipeide, poema del 1819 di Giusto Navasa, facente parte della biblioteca della famiglia Buzzati.
Se queste erano le premesse con cui Eppe e Dino si accinsero a quattro mani all’elaborazione dell’opera, di cui essi curarono anche l’apparato iconografico, il risultato finale, come sottolineato da Lorenzo Viganò, è un’opera che, come accade anche per altri lavori di Buzzati, «sfugge ad una precisa definizione». Il critico buzzatiano parte prima da una definizione per negazione: «non è un manuale», «non è un catalogo», «non è un saggio», «non è una dissertazione storica»[2], è come lo definì Buzzati nel 1967, un’«operetta didascalica in chiave di umorismo fantastico»[3], un «raffinato divertissement»[4]: che intrattiene, informa e fa sorridere. Quasi ogni capitolo parte da una storia, un aneddoto o una “cronachetta”, tra personaggi reali e inventati, nati dalla penna di chi vuole divertirsi fantasticando: il risultato è un’opera nella quale come spesso accade con Buzzati: «la realtà si unisce alla fantasia».
Nel 1973 Dino Buzzati nei dialoghi con Yves Panafieu arriverà invece a ricordare questo elaborato come «un gioco mentale» e, quasi diseredandola, scriverà: non è «un’opera in cui io esprimessi veramente me stesso»[5]. In realtà come sottolineato invece da Lorenzo Viganò, Il libro delle pipe rappresenta «un’altra tessera del suo percorso creativo, che proprio nell’intreccio tra vero e verosimile, tra scienza e finzione, tra cronaca e mistero» racchiude «uno dei tratti distintivi della sua poetica»[6].
Buzzati e Ramazzotti impiegarono quasi dieci mesi per la stesura dell’opera, il libro però verrà pubblicato direttamente con il finire della Seconda guerra mondiale, nel 1946, arricchito dalle didascalie e dai disegni. La prima edizione venne pubblicata per l’Editrice Antonioli di Carlo Pastore, stampato in sole 340 copie: 325 numerate e 15 fuori commercio, andò presto sold out. Così fu ristampata nel 1966 dall’editore Aldo Martello, con 50 esemplari in tiratura speciale per il Club della pipa dal quale nel 1967 Buzzati ricevette la tessera ad honorem. Una terza edizione, pubblicata nel 1986 per Giunti, a distanza di quattordici anni dalla morte di Buzzati, presenta l’aggiunta di nuovi disegni, fotografie e scritti degli stessi autori. Le tre edizioni sono molto differenti tra loro per formato e impaginazione.
Lo scorso febbraio, a distanza di novant’anni da quelle notti insonni in cui i due cognati diedero alla luce l’opera, è uscita per Henry Beyle la nuova edizione delle pipe ramazzottiane e buzzatiane. A cura di Lorenzo Viganò, massimo esperto e critico di Buzzati, con nove immagini applicate a mano e cinquantanove disegni, in formato “quadrato” in carta Tatami, quest’edizione presenta una particolarità: quattro differenti colorazioni della sovracoperta.
La Biblioteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha recentemente acquisito una delle cinquecento copie del libro illustrato, conservato nelle Collezioni speciali e disponibile per la consultazione agli utenti, l’opera di Buzzati e Ramazzotti rappresenta ancora oggi un interessante raffronto sull’opposizione tra «nobile ordigno» e «villanella rifatta» che i più accaniti fumatori potrebbero nuovamente rinvenire nella “lotta” odierna tra il tabacco e le sigarette elettroniche.
In occasione della pubblicazione della nuova edizione de Il libro delle pipe, nella giornata di giovedì 30 maggio, la Libreria antiquaria Pontremoli ha organizzato un evento di presentazione del volume[7].
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- D. Buzzati, Età critica della pipa, “Corriere delle Sera”, 8 marzo 1934, p. 6.
- D. Buzzati, G. Ramazzotti, Il libro delle Pipe a cura di Lorenzo Viganò, Henry Beyle, 2024, p. 209-210.
- D. Buzzati, Prefazione a Eppe Ramazzotti, Introduzione alla Pipa, Martello, 1967, p. 7.
- D. Buzzati, G. Ramazzotti, Il libro delle Pipe, op. cit., p. 210.
- D. Buzzati, Y. Panafieu, Dino Buzzati: un autoritratto, Mondadori, 1973, p. 61.
- D. Buzzati, G. Ramazzotti, Il libro delle Pipe, op. cit., p. 211.
- All’evento hanno preso parte il critico Lorenzo Viganò e il giornalista Luigi Mascheroni; si veda: L. Mascheroni, Appesi al fumo della pipa di Buzzati, Ilgiornale.it, 7 Marzo 2024.