Thomas Mann: l’esilio e il destino dell’Europa
[…] nel linguaggio si riflette l’unità della vita umana, la totalità del problema umano, che non permette a nessuno, oggi meno che mai, di separare il mondo spirituale-artistico dal mondo politico-sociale e di isolarsi di fronte a questo nella nobile sfera ‘culturale’; quella vera totalità, che è l’umanità stessa e contro la quale commetterebbe un grave crimine chi, la politica, lo Stato, cercasse di ‘totalizzare’ una parte della vita umana.
(Thomas Mann, Lettera di Bonn, 1918)
«Indegni di essere tedeschi!». Così recitava un articolo apparso sulla “Lübecker Generalanzeiger” (Gazzetta di Lubecca) del 4 dicembre 1936 in riferimento alla perdita della cittadinanza da parte dello scrittore Thomas Mann e della sua famiglia, come spiega Tilmann Lahme nel prologo al suo interessante volume I Mann. Storia di una famiglia, pubblicato da EDT nel 2017. Due giorni prima era stata, purtroppo, ufficializzata la revoca della cittadinanza tedesca a Thomas Mann e ai suoi familiari. In seguito a questa decisione, inoltre, l’Università di Bonn aveva annullato la laurea honoris causa conferita allo scrittore nel 1918[1]. Al momento della revoca della cittadinanza, però, la famiglia Mann[2] risiedeva all’Estero già da tre anni.

Il 13 febbraio del 1933 lo scrittore aveva tenuto una conferenza presso l’Università di Monaco, Dolore e grandezza di Richard Wagner, per celebrare il cinquantenario della morte del grande compositore tedesco. Questa fu l’ultima apparizione pubblica di Mann in Germania, che ebbe luogo a pochi giorni di distanza dalla nomina di Hitler a Cancelliere del Reichstag, avvenuta il 30 gennaio. Dopo essersi recato ad Amsterdam, Bruxelles e Parigi per replicare la conferenza su Wagner, e dopo aver trascorso il periodo estivo al mare con la famiglia nel sud della Francia, sebbene a malincuore Mann decise di non rientrare in patria, stabilendosi inizialmente in Svizzera, nei pressi di Zurigo, dove rimarrà fino al 1938, quando si trasferirà negli Stati Uniti.
Prima di giungere agli eventi del 1933 è necessario, però, ripercorrere in un breve excursus le tappe della maturazione del pensiero politico di Thomas Mann.
Nel 1918, all’indomani della fine del primo conflitto mondiale, Mann diede alle stampe l’opera Considerazioni di un impolitico. Le riflessioni dello scrittore, che per la prima volta abbandonava la letteratura per dedicarsi all’attualità, erano scaturite dalle tragiche vicende tedesche ed europee degli anni tra il 1914 e il 1918. Come si evince leggendo il testo, Mann era in quel momento ancora legato a idee politiche di stampo conservatore, se non addirittura reazionario.

Solo pochi anni dopo, nel 1922, nel discorso intitolato Della repubblica tedesca le convinzioni di Mann erano già mutate, rispetto alle Considerazioni di un impolitico. Lo scrittore, infatti, in questo suo nuovo testo esprimeva l’idea che il futuro dei popoli fosse da ricercare nella democrazia, rappresentata in Germania dalla giovane Repubblica di Weimar, alla quale andava il suo pieno sostegno proprio nel momento in cui movimenti separatistici e movimenti nazionalistici la stavano già minando alle basi.
Le preoccupazioni per la Germania e per l’Europa intera non smisero di impensierire lo scrittore nel corso degli anni Venti. La consapevolezza che tristi nubi si stavano addensando sopra la Germania traspare, infatti, in un’opera, intitolata Resoconto parigino, pubblicata nel 1926, in cui Mann ripercorre un viaggio in Francia condotto insieme alla moglie. In molti passaggi di questo breve, ma interessantissimo racconto è evidente il timore di Mann di trovarsi ben presto esule, a causa della situazione politica tedesca sempre più preoccupante. Dall’incontro con lo scrittore russo Lev Šestov, esiliato a Parigi come molti altri connazionali in seguito alla Rivoluzione Russa, nasce in Mann un’amara riflessione: «Ecco che sento nascere in me simpatia e solidarietà, una sorta di cameratismo per un possibile destino comune. […] non ho il minimo dubbio che in alcune condizioni la mia sorte potrebbe essere uguale alla sua»[3].

Il 17 ottobre 1930, nella Beethovensaal di Berlino, Mann tenne una conferenza intitolata Discorso tedesco – Un appello alla ragione. In quella sede, lo scrittore esortava la borghesia a schierarsi a fianco dei socialdemocratici e a difendere i valori della Repubblica dai suoi nemici. Durante la conferenza alcuni sostenitori del Partito Nazionalsocialista crearono azioni di disturbo, tanto che alla fine della stessa l’oratore dovette uscire velocemente da una porta secondaria. Com’era prevedibile, anche il giornale ufficiale del Partito, il “Völkischer Beobachter” (Osservatore popolare) attaccò Mann per le sue affermazioni.
Negli anni che seguirono, l’intera famiglia Mann venne sempre più attenzionata dal regime hitleriano e i movimenti di tutti i membri tenuti sotto controllo. I figli maggiori di Mann erano fortemente coinvolti nella situazione politica che andava complicandosi di giorno in giorno: Klaus era stato il primo ad abbandonare il Paese; Erika aveva proseguito finché era stato possibile la sua opera di satira politica contro il regime attraverso la compagnia di cabaret che aveva fondato, ma alla fine aveva dovuto arrendersi e scegliere di espatriare; Golo, che studiava all’Università di Heidelberg, era stato ferito a bastonate dagli studenti nazisti in uno degli scontri ormai quotidiani.

Dopo il precipitare degli eventi nel 1933, in seguito alla salita al potere di Hitler, Mann si risolse, sebbene a malincuore, ad ascoltare i suggerimenti dei figli già in esilio che da tempo esortavano lui e la moglie ad abbandonare il Paese, andando ad accrescere le fila degli ormai quasi quarantamila tedeschi fuggiti dalla Germania subito dopo la salita al potere del Führer.
Dopo aver lasciato la Germania, per i primi tre anni lo scrittore cercò di evitare lo scontro aperto con il regime, nel timore di vedere ostracizzata in patria la propria produzione letteraria.
Ma nel febbraio del 1936, in una lettera allo storico Eduard Korrodi, Mann si pronunciò finalmente nei confronti del Nazismo, giustificando al tempo stesso la propria scelta dell’esilio: «La profonda convinzione […] che nulla di buono può derivare, né per la Germania né per il mondo, dall’attuale regime tedesco […] questa convinzione mi ha spinto a evitare il Paese nella cui tradizione spirituale sono […] profondamente radicato». La risposta del regime a questa presa di posizione sfociò in una campagna di stampa contro lo scrittore e culminò con la revoca della cittadinanza tedesca nel dicembre dello stesso anno, seguita dal divieto di pubblicazione e di vendita delle sue opere sul territorio germanico, a far data dal gennaio 1937.
Con la raccolta di saggi Attenzione, Europa!, pubblicata a Stoccolma nel 1938, Thomas Mann tornò a denunciare la tragica situazione della Germania e dell’Europa, dove le libertà civili e politiche erano ormai irrimediabilmente compromesse a causa dell’instaurarsi dei regimi totalitari.
Nello stesso anno lo scrittore si trasferì negli Stati Uniti. Dall’esilio americano proseguì la sua attività di propaganda contro il regime nazista. Tra il 1940 e il 1945 Mann si rivolse direttamente ai suoi connazionali, in Germania e nei territori occupati, con una serie di radiomessaggi trasmessi dalla BBC, intitolata Ascoltatori tedeschi!, in cui si esprimeva contro il regime e la guerra e a favore della democrazia.

Il 6 giugno 1945, in occasione del suo settantesimo compleanno, Mann fu invitato a tenere una relazione presso la Library of Congress di Washington. Il discorso, intitolato La Germania e i Tedeschi, sviluppava una lunga riflessione sulla natura del popolo tedesco lungo i secoli, dal Medioevo fino ai recenti tragici avvenimenti.
Con la fine del conflitto, nessun ostacolo si frapponeva ormai al ritorno di Mann in Germania. Ma con il saggio del 1945 Perché non ritorno in Germania lo scrittore spiegò di aver maturato, ormai, un senso di estraneità rispetto al Paese natale, ponendo così fine alle richieste di chi lo avrebbe voluto di ritorno in patria.
Mann rimise piede in Germania solo per dodici giorni nel 1949, per un ciclo di conferenze. Tornò a vivere in Europa solo nel 1952, stabilendosi nuovamente in Svizzera, vicino a Zurigo, dove morì il 12 agosto 1955.
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BIBLIOGRAFIA DI APPROFONDIMENTO:
- Il premio Nobel per la letteratura assegnato a Thomas Mann, in “Corriere della Sera”, 13 novembre 1929, p. 3.
- C.R., Thomas Mann snazionalizzato, in “Corriere della Sera”, 4 dicembre 1936, p. 2.
- M.A. Raschini, Thomas Mann e l’Europa: religione, umanità, storia, Venezia, Marsilio, 1994.
- T. Mann, Ascoltatori tedeschi!: cinquantacinque radiomessaggi alla Germania, nella traduzione di Cristina Baseggio; note al testo, postfazione a cura di Jutta Linder, Bologna, Il Capitello del Sole, 2006.
- T. Mann, La Germania e i tedeschi: Washington, 6 giugno 1945; nota di David Bidussa; traduzione di Lavinia Mazzucchetti, Roma, Manifestolibri, 1995.
- T. Lahme, I Mann. Storia di una famiglia, Torino, EDT, 2017.
- T. Mann, Moniti all’Europa, Milano, A. Mondadori, 1947.
- T. Mann, Resoconto parigino, Roma, L’orma, 2021.
SITOGRAFIA DI APPROFONDIMENTO:
- Mann, Thomas (in Enciclopedia Treccani)
- L’ultimo discorso di Thomas Mann (in Minimaetmoralia)
- Thomas Mann e la democrazia (in Goethe-Institut)
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NOTE
- La risposta di Mann non si fece attendere. Lo scrittore inviò, infatti, al decano della Facoltà di Filosofia una missiva, oggi conosciuta come Lettera di Bonn, che diverrà ben presto il manifesto dello scrittore costretto all’esilio.
- Thomas Mann e la moglie Katharina ebbero sei figli, tutti destinati a fulgide carriere nonostante le difficili vicissitudini esistenziali: Erika (1905-1969), scrittrice e corrispondente per la BBC; Klaus (1906-1949), scrittore; Golo (1909-1994), storico e scrittore; Monika (1910-1992), scrittrice; Elisabeth (1918-2002), che sposò Giuseppe Antonio Borgese, scrittrice e attivista per i diritti umani e per l’ambiente; Michael (1919-1977), musicista.
- T. Mann, Resoconto parigino, Roma, L’Orma, p. 78.
I libri in foto sono esemplari rari di traduzioni italiane delle opere di Thomas Mann custoditi presso la Biblioteca di Milano dell’Università Cattolica:
- T. Mann, La montagna incantata, Milano, Dall’Oglio editore, 1945.
- T. Mann, Tonio Kröger, Milano, Giuseppe Morreale Editore, 1926.
- T. Mann, Freud e l’avvenire, Torino, Eclettica, 1945.
- T. Mann, Il giovane Giuseppe, Milano, A. Mondadori, 1935.
In alto: foto di Thomas Mann all’Hotel Adlon di Berlino nel 1929, prima di proseguire il viaggio verso Stoccolma per ricevere il Premio Nobel (da Wikimedia Commons).

