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Rosa Del Conte, ambasciatrice di cultura

L’archivio personale di Rosa Del Conte, donato all’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi superiori e oggi conservato presso la Biblioteca della sede di Milano dell’Università Cattolica, è una vasta raccolta di documentazione di prima mano di fondamentale importanza per ricostruire l’attività scientifica e il percorso biografico della studiosa. Rosa Del Conte (1907-2011) fu non solo una validissima studiosa e critica letteraria, ma anche un’importante traduttrice, divenendo una delle più importanti personalità nella diffusione della cultura romena in Italia nel Secondo Dopoguerra, prima insegnando in Università Cattolica, quindi in Statale a Milano e, infine, alla Sapienza di Roma[1].
I suoi legami profondi con il mondo culturale romeno cominciarono attorno all’anno 1940, quando diede inizio il suo insegnamento presso le università di Cluj e di Bucarest, attività completata da traduzioni e da ricerche scientifiche di altissimo livello. Il cambio del regime politico in Romania la obbligò a rientrare in Italia, dove decise di dedicarsi attraverso l’insegnamento alla sua grande missione di promozione della lingua e della letteratura romena.

Il suo archivio rappresenta dunque una testimonianza significativa del percorso culturale personale, ed è composto da circa 250 buste suddivise in tre macro-sezioni: la serie di epistolari e documentali, la seconda di materiali culturali organizzati e la terza di carte di studio e minori. Accanto alla documentazione archivistica, l’Istituto Toniolo ha ricevuto anche la cospicua biblioteca della professoressa, forte di oltre settemila volumi ora conservati nel fondo librario costituito presso la Biblioteca della sede di Milano dell’Università Cattolica.

Preziosa testimonianza del suo impegno furono gli incontri, i convegni organizzati assieme a personalità del mondo accademico romeno (in tempi per nulla facili per gli intellettuali dei Paesi al di là della “cortina di ferro”), i contributi scientifici concretizzati in articoli, gli studi e i libri che restano tutt’oggi punti di riferimento nella storia e nella critica letteraria italiana e romena. La Del Conte venne riconosciuta come una delle migliori studiose di Mihai Eminescu, tanto che il suo libro più importante – Mihai Eminescu o dell’Assoluto (STEM 1961) – fu tradotto e pubblicato in Romania dall’italianista Marian Papahagi. Si occupò inoltre della traduzione di alcune delle opere dei più grandi poeti romeni, quali Lucian BlagaTudor Arghezi e Vasile Voiculescu; e fu sempre lei, nel 1956, a proporre la candidatura di Lucian Blaga per il Premio Nobel per la letteratura. Per i suoi meriti in campo culturale divenne membro d’onore dell’Accademia Romena di Bucarest nel 1994.

Per comprendere la portata del suo impegno anche nella diffusione della letteratura italiana in Romania, sarebbe sufficiente leggere la lettera che Salvatore Quasimodo[2] le scrisse l’11 settembre 1946 per ringraziarla:

Io le sono grato dell’attenzione prestata alla mia poesia, perché è forse la prima volta che appare in paese straniero un libro che parla della letteratura italiana contemporanea con così viva intelligenza e severità critica.

All’inizio della lettera Quasimodo si riferisce alla pregevole opera Poeti italieni de azi: Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo (I poeti italiani oggi: Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo), in cui la Del Conte aveva scelto di affiancare due personalità di spicco del panorama letterario del Novecento italiano, seppur diversissime tra loro, cimentandosi nella complessa attività di traduzione delle loro poesie in rumeno; nel progetto della studiosa si legge il vivace desiderio, come scrive lei stessa nel libro, di «presentare ad un pubblico straniero alcune delle voci più nobili della poesia italiana di oggi»[3]. Per gli studiosi di oggi, è scontato affermare che Montale e Quasimodo appartengono al canone dei poeti italiani più rappresentativi del Novecento; ma si pensi a quanto fosse ammirevole la lucidità e la preveggenza di Rosa Del Conte nell’operare questa scelta già a metà degli anni Quaranta.

Non può dunque essere dimenticato il ruolo chiave della grande romenista italiana nella storia intellettuale del sud-est europeo, con il suo sforzo di salvaguardare gli elementi autentici della filologia e del folclore romeno – in un periodo in cui quel territorio accademico era fortemente ideologizzato – e soprattutto la volontà di creare un ponte, un legame indistruttibile, tra la Romania socialista e l’Italia democratica.
Il suo coraggioso tentativo di difendere e tener sempre viva la cultura, isolandola da ogni questione politica e ideologica, è la più grande eredità che la studiosa ci lascia, ben sintetizzata in queste sue stesse parole: «È stata ed è la mia ambizione essere apprezzata dai Romeni per l’assoluta lealtà del mio atteggiamento verso di Loro, si trovino essi al di qua o al di là dei confini»[4].

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  1. Per una valutazione dell’eredità della studiosa, si veda Rosa del Conte: un lascito prezioso per gli studi rumeni – intervista ad Alvise Andreose.
  2. Una copia della lettera è raccolta nell’Archivio Rosa Del Conte, Serie I, busta 4, fasc. 2, conservato presso la Biblioteca della sede di Milano dell’Università Cattolica. Quest’anno (il 14 giugno) sono stati celebrati i 55 anni dalla scomparsa del poeta Salvatore Quasimodo: per questo, tra le tracce per la prova scritta di Italiano dell’esame di Maturità è stata proposta la sua poesia Alla nuova luna, contenuta nella raccolta La terra impareggiabile del 1958, ispirata al lancio in orbita del primo satellite artificiale Sputnik I nel 1957.
  3. Così Rosa Del Conte nelle pagine introduttive di Poeti italieni de azi: Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, tipografia Bucovina I. E. Toroutiu, Bucarest, 1945.
  4. La citazione è tratta da D. Dumbravă, Una straordinaria romenista: Rosa Del Conte, ovvero dell’assoluta lealtà, in orizzonticulturali.it.