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Luciano Codignola direttore della Biblioteca Olivetti: i mittenti nel carteggio, da Moore a Pasolini

Quando a capo della Biblioteca fu posto Luciano Codignola, anzitutto le attività della Biblioteca vennero ampliate: si proposero nuovi cicli di conferenze, corsi di cultura popolare e anche alcune iniziative di richiamo, destinate poi a diventare sistematiche negli anni successivi, come proiezioni di film di fiction e documentari, mostre d’arte.

Così Adriano Bellotto, che in Olivetti si è occupato dei Servizi Culturali, ricorda gli anni tra il 1952 al 1963, quando la direzione della Biblioteca aziendale, e del Centro Culturale che con essa forma «un’unica entità in senso sia programmatico che operativo»[1], fu affidata allo sceneggiatore e drammaturgo Luciano Codignola.

Il suo carteggio, conservato nel Fondo Codignola-Bo della Biblioteca di Milano dell’Università Cattolica, registra tracce di questa direzione vivace e illuminata: voci dal mondo della pittura e della scultura, nazionali e internazionali, protagonisti del panorama letterario italiano, futuri direttori, tutti si rivolgono a Luciano Codignola e all’Olivetti con gratitudine e ammirazione.

Da: M. Calvesi, Roberto Melli, presentazione di G. C. Argan, De Luca Editore, p. 97.

Il pittore e scultore Roberto Melli (1885-1958) scrive al direttore della Biblioteca nel giugno del 1956: allora la collezione Olivetti aveva già un suo dipinto[2], ma stava programmando l’acquisto anche di una sua scultura, un «bronzo» che Melli voleva vendere a 2 milioni di lire. E a buona ragione, se Giulio Carlo Argan definisce le sue sculture «memorabili» e in grado di «segnare il punto fermo al Futurismo», per non parlare della sua pittura, una «ricerca di un’identità di spazio e colore» tale da dare avvio alla «Scuola romana»[3]. L’interesse verso l’artista doveva per altro essere proprio di Codignola, più che di Adriano: l’azione dell’Olivetti in ambito artistico «fu frutto […] di scelte compiute da una pluralità di persone in base a gusti soggettivi», e anche le acquisizioni «furono sempre casuali, dettate dalla spontaneità e quasi sempre senza un intervento diretto di Adriano», scrive infatti Costanza Casali presentando la collezione dell’azienda[4]. Che tra Melli e Codignola ci fosse una profonda e reciproca stima, lo testimonia inoltre una lettera del mese successivo: nonostante l’artista avesse ormai compreso che l’Olivetti – alla quale comunque resta grato «per il valore in sé dei fatti e per le premure» – non avrebbe acquistato la scultura, desidera comunque che il direttore del Centro culturale avesse un suo dipinto, La marina. «Appesa al muro di casa tua, chissà che per qualche momento non ti faccia sognare» –, scrive accoratamente Melli.

Da: Henry Moore. La metamorfosi della forma, a cura di F. Gurrieri, Edizioni Clichy, p. 63.

Dello scultore inglese Henry Moore si dice che amasse «l’arte e la cultura italiane, ispirandosi alla scultura etrusca e rinascimentale, lavorando nelle cave di marmo di Carrara»[5], ma i suoi interessi non dovevano essere solo rivolti al passato se, durante una delle sue numerose visite in Italia, fece una sosta a Ivrea. Così si deduce infatti da una lettera mandata nell’agosto del 1955, nella quale Moore ricorda il «delightful time» passato all’Olivetti. Non è inoltre di poco conto l’indizio che suggerisce un interesse di Moore, famoso in tutto il mondo per le sue sculture bronzee di grandi dimensioni, per il design olivettiano: nella stessa lettera chiede infatti conferma a Codignola di una mostra a riguardo all’Institute of Contemporary Arts di Londra, che poi effettivamente si tenne, ma solo due anni dopo, appunto a tema Olivetti Design: An Exhibition Designed by Italian Olivetti[6].

La sera del 22 gennaio 1957 Pier Paolo Pasolini parla di Poesia dialettale e poesia popolare al Centro Culturale Olivetti. In una lettera a Paolo Volponi, che lì rivestiva l’incarico di direttore dei Servizi Sociali, confessava qualche giorno prima che il cuore gli «sprofondava nelle budella all’idea della conferenza»[7]. Invece, solo sette giorni dopo, scrive una lettera dal tono radicalmente diverso, questa indirizzata a Codignola, ringraziando per il tempo passato con gente così «simpatica, limpida, positiva e appassionata», come forse mai l’ha incontrata. E non solo. Nella missiva Pasolini ringrazia anche per la macchina da scrivere, che aspetta con impazienza: la famosa Lettera 22 conservata nel Fondo Pasolini del Gabinetto Vieusseux[8]. Gli raccomanda, infine, il suo amico Volponi, il quale più volte aveva espresso all’amico il desiderio di abbandonare Ivrea e trasferirsi: «A Roma ritroverò amicizie, branchi di fanciulle, ozï, te e ogni tanto vedrò importanti letterati», scriveva in una lettera a Pasolini nel maggio dello stesso anno[9]. Una pessima idea secondo quest’ultimo, che dopo l’esperienza ad Ivrea ne capisce la centralità, il fatto che davvero lì è possibile «fare esperienza della nostra storia».

Volponi poi da Ivrea se ne andrà solo nel 1971, anche se continuava a lamentare la stessa situazione: «Più seriamente, penso di sistemarmi in modo da avere più tempo per la poesia e anche per andare a spasso», scriveva sempre nella lettera del ’57[10]. La medesima condizione lamenterà il successore di Codignola alla direzione della Biblioteca, il critico e saggista Ludovico Alvise Zorzi. In una lettera del 10 giugno 1966 scrive che per qualche giorno sarà costretto ad andare via da Ivrea: «da dove non mi muovo quasi mai, per seguire le mie cose», precisa. Poi prova ad attirare l’amico nel vecchio posto di lavoro – come aveva già fatto in una lettera dell’anno precedente, chiedendo se Il Giro, opera teatrale di Codignola, potesse fare una «piccolissima» tappa ad Ivrea – con la consolazione di rivedere le facce, sua e dei colleghi, «un po’ più invecchiate e cascanti, allo stesso posto». Ancora più interessante però è la descrizione della Biblioteca, con le sue «obiettive» e «insormontabili» difficoltà, ma che nonostante tutto «funziona ancora bene e, nei suoi limiti, serve». La cultura continuò quindi a servire agli operai dell’Olivetti, anche dopo la morte di Adriano, avvenuta nel ’60: e se la Biblioteca e il Centro Culturale non morirono con lui è stato anche grazie alla dedizione dei dirigenti, quella che mostrò Codignola, e che il suo carteggio ampiamente conferma.

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  1. Uomini e lavoro all’Olivetti, a cura di F. Novara, R. Rozzi, R. Garruccio, Bruno Mondadori, 2005, p. 583-584.
  2. Con tutta probabilità Autoritratto, opera richiesta da Codignola per una mostra al Centro Culturale (cfr. in Lagallerianazionale.com).
  3. M. Calvesi, Roberto Melli, presentazione di G. C. Argan, De Luca Editore, p. 10.
  4. Olivetti e la cultura nell’impresa responsabile, a cura di S. Sertoli, C. Casali, Allemandi, p. 6.
  5. Henry Moore. La metamorfosi della forma, a cura di F. Gurrieri, Edizioni Clichy, p. 93.
  6. Una prospettiva per l’allestimento della mostra è conservata al TATE e disponibile online per la visualizzazione (cfr. in Tate-images.com).
  7. P. P. Pasolini, Le lettere, a cura di A. Giordano, N. Naldini, Garzanti, p. 1053.
  8. Per la scheda di dettaglio si veda in Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux, Archivio Contemporaneo A. Bonsanti.
  9. P. Volponi, Scrivo a te come guardandomi allo specchio: lettere a Pasolini (1954-1975), Polistampa, p. 54. Sull’argomento si veda anche L. Verdesca, Una lettera di Pierpaolo Pasolini dal Fondo Luciano Codignola, in “Cattolica Library Newsletter”, 41, 28 settembre 2022.
  10. Ibidem.