4. Amici e maestri
La vita di Franco Loi fu profondamente segnata da incontri che determinarono il suo percorso umano e professionale.
Era il 1951 quando, per il tramite del poeta Giuseppe Zanella, conobbe Giulio Trasanna (1905-1962), un ex pugile che aveva abbandonato la boxe per amore della letteratura.
«Fu con Giulio l’incontro più importante per la mia vita […] fu lui ad educarmi alla lettura e alla scrittura».
Per una formazione solida Trasanna invitò Loi a soffermarsi sulla conoscenza approfondita di pochi autori veramente importanti, come i classici, dei quali era necessario leggere integralmente tutte le opere. L’insegnamento fondamentale per accingersi alla scrittura fu invece di “imparare a guardare” per sviluppare un’attenzione verso i dettagli, senza però perdere mai la capacità di sintesi. Era per Loi l’inizio della sua avventura creativa e Trasanna voleva allontanarlo da qualunque forma di retorica giovanile, per spingerlo, piuttosto, ad una conoscenza di sé attraverso il confronto con gli altri.
Se Trasanna fu per Loi il suo unico vero maestro, Elio Vittorini (1908-1966) fu invece il primo a infondergli fiducia come scrittore. Durante il trasferimento a Londra, Loi si era ad un certo punto ritrovato senza lavoro, quando ricevette un telegramma che lo richiamava a Milano per un colloquio con Vittorini.
Il suo amico Marcello Venturi, a quel tempo direttore della terza pagina dell’«Unità», gli scriveva di aver sottoposto all’attenzione del direttore dei “Gettoni” il breve romanzo Dal diario di una medaglia d’oro, che Loi gli aveva consegnato prima di partire. Nel telegramma si comunicava, infatti, che Vittorini aveva deciso di pubblicarlo. Quando però telefonò allo scrittore, Loi scoprì amaramente che Vittorini in realtà non aveva mai letto il suo romanzo e non sapeva neanche chi fosse. Nonostante questo però, lo scrittore si dimostrò interessato a prenderlo in considerazione per una pubblicazione se gliene avesse portata una copia.
Dopo averlo effettivamente letto, Vittorini ne fu entusiasta e disse al giovane Loi di apportare solo qualche piccola modifica. Loi, invece, riscrisse completamente il romanzo, rendendolo completamente diverso dalla prima stesura, ottenendo così un garbato rifiuto. Erano gli anni Cinquanta e per un giovane scrittore, come era a quei tempi Franco Loi, l’attenzione, il tempo e i consigli che Elio Vittorini gli aveva riservato furono di notevole importanza. Nel corso della loro vita si incontrarono altre volte, come nell’occasione in cui lo scrittore siciliano volle con lui complimentarsi per l’elaborazione della rivista «Ciclostile» che, come il «Politecnico» vittoriniano, approfondiva il tema del rapporto tra politica e letteratura.
Nel 1955 avvenne un altro importante incontro, a quel tempo fugace, ma già percepito da Loi come un segno: con Giulio Trasanna si recò ad una conferenza al Centre d’Études Français in corso Vittorio Emanuele e qui conobbe Vittorio Sereni (1913-1983).
I loro destini si incrociarono nuovamente nel 1960 quando Loi fu assunto in Mondadori. All’inizio il loro rapporto era meramente lavorativo e trascorsero dieci anni perché la stima reciproca potesse evolvere in un vero e sincero rapporto di amicizia.
Tutto cominciò quando Sereni apprese, con sorpresa e stupore, che Loi scriveva poesie e, meravigliato dal fatto che non gliele avesse mai fatte leggere prima, gli richiese alcuni testi. Nella lettura commossa di quei versi Sereni si lasciò andare in un abbraccio emozionato con Franco e fu in quel pianto condiviso che divennero amici.
Come da lui stesso più volte dichiarato, Loi deve molto a Vittorio Sereni, tanto nel lavoro quanto nel primo effettivo riconoscimento della sua poesia: fu infatti grazie all’interessamento di Sereni che i suoi versi cominciarono a comparire su «Nuovi Argomenti» e sull’«Almanacco dello Specchio».
Un altro amico e interlocutore speciale di vita, poesia e politica fu
Franco Fortini (1917-1994). Quando nel settembre del 1943, in giorni drammatici per le conseguenze che la guerra stava avendo in Italia, il giovane Loi fu allontanato da un ufficiale dai cancelli delle scuole di Via Porpora, non poteva sapere che dietro quella divisa si celava proprio Franco Fortini. Lo scoprì a distanza di anni quando, durante una serata trascorsa in compagnia di amici, sentendo il racconto di quell’episodio, Fortini si riconobbe nei panni dell’ufficiale.
Fortini fu anche il curatore, nel 1975, della prefazione di Stròlegh, il primo dei tre grandi poemi di Loi. Fortini in quel momento non conosceva ancora Loi, o comunque non se lo poteva ricordare dopo l’episodio di Via Porpora, ma chiese di scrivere l’introduzione perché era rimasto affascinato dalla lettura di quei versi. Per Loi Fortini era un uomo straordinario, un fine conoscitore della letteratura, un abile narratore di aneddoti, di citazioni, di sentenze filosofiche, di memorie proprie e altrui, uno degli intellettuali più interessanti, ma anche il più intransigente che avesse mai conosciuto, sempre pronto ad appassionarsi al lavoro altrui, ma anche a criticarlo in modo aspro e severo.