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Una nuova rubrica sui “Libri dimenticati”

10 Settembre 2024

L’editoria italiana del Novecento ha dato vita a una vastissima serie di libri, molti dei quali appartengono a buon diritto alla cultura e alla letteratura del nostro Paese e ne hanno anzi scandito la storia al pari degli eventi che hanno caratterizzato il secolo XX. Vi sono però diversi volumi ai quali la fortuna non ha affatto sorriso: si tratta di testi d’occasione, opere di autori poco noti quando non decisamente sconosciuti, o ancora testi potremmo dire intempestivi, che trattano – per contenuto o per taglio – di argomenti che al momento della loro uscita i lettori hanno quasi del tutto ignorato; oppure, al contrario, libri che freschi di stampa hanno ottenuto ampia accoglienza presso il pubblico ma che hanno scontato quell’immediata fama con un oblio altrettanto rapidamente sopraggiunto. Spesso di questi volumi si conserva ancora qualche copia polverosa nelle biblioteche e oggi, se per caso li adocchiamo sugli scaffali, li consideriamo come esemplari dimenticati o tutt’al più come curiosi testimoni del loro tempo. Eppure, al di là del dato antiquario, possono ancora dirci qualcosa intorno agli autori che li hanno scritti e al mondo che hanno voluto esprimere. Di questi volumi dimenticati vorremmo dare qualche esempio, scegliendo tra quelli che, ospitati nelle collezioni della Biblioteca di Milano, hanno per qualche ragione colpito il nostro interesse, dandone una breve segnalazione in questa rubrica che ci accompagnerà nei mesi della ripresa autunnale.

#1: Enzo Grazzini, “Anche per i cani un paradiso” (Nuova Accademia Editrice, Milano 1964)

Enzo Grazzini (Firenze, 1902 – Milano, 1963) è stato uno scrittore e giornalista oggi pressoché ignoto. Nonostante avesse pubblicato diversi volumi già negli anni trenta (La morte del cigno, Gli schiavi, Annabella, L’ermellino), dovette adattarsi a svolgere i lavori più vari e modesti, come la guardia notturna e il venditore di bibite. Di lui Giuseppe Marotta, che gli fu amico, ebbe a ricordare la comune avventura di giovani trapiantati a Milano, da Firenze l’uno e da Napoli l’altro: “C’incontrammo nel ’28 in questa città, fummo giovani e inguaiati insieme, gomito a gomito, una fratellanza di abiti logori, di novellette che ci fruttavano venticinque lire, di bussa che non ti apriranno, e così via, della quale siamo tuttora convalescenti”. Con il dopoguerra, dopo essere approdato al “Corriere della Sera” trovò il suo spazio e la sua misura come giornalista, scrivendo pezzi e rubriche che divennero seguitissime e popolari nell’Italia di allora: per esempio, fu il primo a comprendere il significativo impatto sociale che un evento come il Festival di Sanremo poteva avere sul pubblico. Ma soprattutto Grazzini fu capace quanti altri mai di attraversare in quegli anni il Paese alla ricerca di storie: giungendo nei piccoli borghi di cui è costellato il nostro territorio sapeva individuare quel semplice, minimo fatto e condirlo con la giusta ironia e l’esatta sensibilità di tocco che rendevano i suoi articoli carichi di armonia e di gusto.

Non per nulla tra i suoi estimatori vi fu anche una penna d’eccezione come Dino Buzzati che in diverse occasioni lodò apertamente il lavoro di Grazzini – in particolare per Non furono nemmeno eroi (Baldini e Castoldi, Milano 1950) che tratta di alcuni episodi minori della Seconda guerra mondiale – e scrisse la prefazione al libro Anche per i cani un paradiso.

Una copia di questo volume, stampato dalle edizioni Nuova Accademia nel 1956, è conservata nel Fondo Rosa Del Conte nella seconda edizione del 1964 e raccoglie diciotto racconti di animali che in vario modo si sono resi protagonisti di fatti curiosi quando non addirittura di veri e propri atti di eroismo.

Si tratta sempre di fatti che accadono in piccoli borghi e pertanto portano alla ribalta luoghi lontani dalle grandi città, regalando una certa fama anche a questi territori quasi assenti dalle pagine della storia maggiore. Grazzini, non a caso definito il “giornalista della bontà”, è stato anche uno dei primi e dei più solerti autori a porre all’attenzione del grande pubblico il senso di profondo rispetto per gli animali, e in special modo i cani, quali veri compagni della nostra esistenza, anticipando così un sentimento oggi comunemente diffuso e partecipato nella società civile. Anche per i cani un paradiso è una silloge di storie calde e semplici, capaci di testimoniare quell’“amore senza riserve e spesso disperato del cane verso l’uomo” che, come scrive Buzzati, “è uno dei fenomeni più commoventi ma soprattutto più misteriosi che avvengono quotidianamente sulla Terra”.