logo matrice logo matrice
    Home
  • >
  • Percorsi
  • >
  • 5. Le prime opere, il giornalismo, il teatro

5. Le prime opere, il giornalismo, il teatro

Sebbene oggi sia considerato uno dei poeti più significativi del secondo Novecento, l’attività letteraria di Loi non iniziò con la poesia. Per tutti gli anni Sessanta, infatti, alterna il lavoro alla Rinascente e poi alla Mondadori con la scrittura giornalistica, in particolare sulle pagine di periodici o quotidiani di sinistra, che rappresentano la sede privilegiata di pubblicazione dei suoi articoli dal momento che Loi è iscritto da tempo al Partito Comunista. In particolare, a interessarlo è quel contesto di “movimenti dal basso” che ricercano un rinnovamento effettivo della società a partire dal dialogo, dall’educazione, dal confronto non violento. Non a caso stringe contatti con Danilo Dolci (1924-1997) e con il suo Centro Studi di Partinico, in provincia di Palermo, e con don Lorenzo Milani (1923-1967), che va a trovare presso Barbiana (nell’Archivio Loi sono conservate diverse lettere sia di Dolci che di don Milani).

Parallelamente elabora un foglio periodico intitolato «Ciclostile» e collabora ad alcune riviste come «Il Discanto», rivista di cultura diretta, tra gli altri, da Ferruccio Parazzoli e da Marcello Venturi, con articoli di taglio squisitamente politico e di critica sociale.

La fede politica per Loi non è mai vissuta nel segno di una chiusura preconcetta, anzi è sempre disposto al dialogo anche con chi propone idee o convinzioni differenti.
Ne è esempio è la sua conoscenza con don Luigi Giussani (1922-2005) del quale riconosce e ammira la profonda fede. Questi sono anche gli anni che vedono Loi attivo nella scrittura di una serie di testi di carattere teatrale. Convinto che «il teatro è la forma immediatamente sociale dell’arte» pubblica nel 1961 – ben dieci anni prima di esordire come poeta – un breve sketch intitolato La vetrina di Natale, un atto unico in cui Loi denunciava la spregiudicatezza del consumismo e dell’aziendalismo, che giunge fino alla svendita della dignità della persona e in particolare della donna. In questo testo, come in altri mai giunti a essere rappresentati, Loi voleva mostrare il «pericoloso cedimento morale» che stava investendo la società italiana. Era l’altra faccia del boom economico e Loi vedeva già in quegli anni con straordinaria lucidità come riempiendo gli uomini di “cose” si percepiva il rischio di sostituire il mezzo con il fine, l’accessorio con l’essenziale.

Sempre in questi anni – tra 1963 e 1964 – propone assieme a un gruppo di amici tra cui Virginio Puecher, Sandro Bajini, Giulio Trasanna, Eugenio Tomiolo e i fratelli Alvaro e Silvano Piccardi uno spettacolo di satira politica destinato al Piccolo Teatro di Milano. Si trattava di una serie di quadri o sketch fortemente ispirati al genere cabarettistico che intendevano proporre una critica «dal di dentro» al mondo della sinistra. Loi scive più di 30 delle 34 scene che compongono lo spettacolo. Tuttavia il lavoro non fu mai rappresentato per l’opposizione dei vertici del Piccolo Teatro, in particolare di Paolo Grassi, che dichiarò fermamente il proprio giudizio negativo a Puecher nell’estate del 1964.
Fu poi con gli anni settanta che finalmente la vena poetica di Loi poté trovare sbocco, pubblicando il primo gruppo di poesie sulla rivista «Nuovi Argomenti» nel 1971 e successivamente con il libro I cart, che costituisce la prima raccolta poetica di Loi, accompagnata dai disegni dell’amico Tomiolo.