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Una nuova rubrica sui “Libri dimenticati”

15 Novembre 2024

L’editoria italiana del Novecento ha dato vita a una vastissima serie di libri, molti dei quali appartengono a buon diritto alla cultura e alla letteratura del nostro Paese e ne hanno anzi scandito la storia al pari degli eventi che hanno caratterizzato il secolo XX. Vi sono però diversi volumi ai quali la fortuna non ha affatto sorriso: si tratta di testi d’occasione, opere di autori poco noti quando non decisamente sconosciuti, o ancora testi potremmo dire intempestivi, che trattano – per contenuto o per taglio – di argomenti che al momento della loro uscita i lettori hanno quasi del tutto ignorato; oppure, al contrario, libri che freschi di stampa hanno ottenuto ampia accoglienza presso il pubblico ma che hanno scontato quell’immediata fama con un oblio altrettanto rapidamente sopraggiunto. Spesso di questi volumi si conserva ancora qualche copia polverosa nelle biblioteche e oggi, se per caso li adocchiamo sugli scaffali, li consideriamo come esemplari dimenticati o tutt’al più come curiosi testimoni del loro tempo. Eppure, al di là del dato antiquario, possono ancora dirci qualcosa intorno agli autori che li hanno scritti e al mondo che hanno voluto esprimere. Di questi volumi dimenticati vorremmo dare qualche esempio, scegliendo tra quelli che, ospitati nelle collezioni della Biblioteca di Milano, hanno per qualche ragione colpito il nostro interesse, dandone una breve segnalazione in questa rubrica che ci accompagnerà nei mesi della ripresa autunnale.

#5 “L’Unità d’Italia. Albo di immagini 1859-1861”, a cura di F. Antonicelli (ERI, Torino 1961)

È passato quasi del tutto inosservato il cinquantenario della morte di Franco Antonicelli, avvenuta nel 1974. Nato a Voghera nel 1902, si formò al Liceo Classico D’Azeglio di Torino, un luogo nel quale la guida di docenti quali Umberto Cosmo e Augusto Monti alleverà una generazione notevole di futuri uomini di cultura, fra i quali Norberto Bobbio, Lodovico Geymonat, Massimo Mila, Cesare Pavese, Leone Ginzburg e Giulio Einaudi. Antonicelli diventa nel 1932 direttore della casa editrice Frassinelli di Torino e introduce nel nostro Paese le opere di autori quali Kafka, Joyce e Melville. Grandi nomi, come si vede. Ma ad Antonicelli non manca l’occhio fino che sa distinguere i segni del tempo che agiscono sui processi editoriali e sulla pratica della lettura e perciò è il primo a pubblicare in Italia Le avventure di Topolino, che escono in due volumi oggi rarissimi, che fanno l’oggetto del desiderio di più di un collezionista. Sì, perché questa prima edizione «a cura di Antony» (ovvero il nostro Antonicelli) uscì con la traduzione di Cesare Pavese in uno dei suoi primi lavori. Non finiscono qui però i meriti di Antonicelli. Nel 1942 fonda la casa editrice Francesco De Silva e pochi anni dopo, nel 1947, pubblica un libro che lo fa ascrivere di diritto agli annali dell’editoria e della letteratura italiana: si tratta della prima edizione di Se questo è un uomo di Primo Levi, approdato proprio alla De Silva dopo il rifiuto di Einaudi.

Antonicelli è ricordato anche come fervente antifascista. Incarcerato nel 1929 dopo aver firmato una lettera di sostegno a Benedetto Croce che in Senato aveva criticato i Patti Lateranensi, fu arrestato una seconda volta nel 1935 per aver partecipato alle riunioni di Giustizia e Libertà e ancora, per la terza volta, scontò sei mesi di prigionia a Roma fermato dai nazisti nel 1943. Inoltre, sempre attorno agli anni trenta, Antonicelli e la famiglia potevano trascorrere diversi soggiorni nella villa di Sordevolo, in provincia di Biella, di proprietà del suocero. Sordevolo è un piccolo centro ma d’estate ospita in quegli anni proprio Benedetto Croce e la presenza del filosofo rende il luogo un crocevia di intellettuali e simpatizzanti antifascisti.

Dopo la guerra Antonicelli torna a dedicarsi alla politica (sarà senatore) e ad attività culturali ed editoriali. Tra queste sarà il curatore del volume L’Unità d’Italia. Albo di immagini 1859-1861, un libro splendidamente illustrato ed estremamente godibile anche per il lettore di oggi.

Antonicelli non si limita a ricordare i protagonisti e gli eventi del biennio che condusse il nostro Paese all’Unità nazionale, ma esibisce una scelta di documenti originali che in facsimile fanno la loro parte nella ricostruzione narrativa e visiva di quel momento storico. Compaiono così lettere autografe, manifesti, miniature, ritratti, fogli di giornale, avvisi, fogli volanti, stampe popolari, ecc., la cui riproduzione anastatica è interfoliata al testo, senza applicarli direttamente alla pagina, creando nel lettore un’esperienza visiva e tattile che contribuisce sensibilmente all’apprezzamento dell’opera.

Il libro dà modo di riconoscere appieno la competenza storica di Antonicelli, ma anche di saggiare il suo interesse bibliografico e bibliofilo, che fu certamente profondo e rigoroso.